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domenica, novembre 19, 2006

Conflitti generazionali

(foto che il server non mi carica di Frank Zappa al bagno. Disponibile all'indirizzo http://imagecache2.allposters.com/images/2/Posters/PR3058.JPG )

"vabbè vado a pisciare e quando torno mettiamo le voci".Così ho detto e così ho fatto.
Seasun, il fonico del Forte Prenestino, è un gran professionista, lavora con serietà e sa tirare fuori da ogni strumento quello che prima del suo intervento probabilmente neanche c'era. Il suo studio sta proprio all'interno del Forte, un centro sociale sgarrupato, sporco ed abitato da gente neanche troppo cordiale. Pare che al Forte 20 anni fa non ci si potesse neanche avvicinare per via della incazzosa comunità punk che lo abitava. Oggi le cose sono cambiate e di molto, anche se alla cucina sociale servono ancora solo cibi coltivati/allevati biologicamente.
Sta di fatto che intorno alle 18, dopo 6 ore di copia e incolla, di missaggio e mani nei capelli, arriva il momento di cantarci sopra a sta canzone (che fa più o meno "titi, la la la, bum bum bum"). Come accade spesso però, proprio quando è il tuo turno, scatta il momento del bisogno ed ai bisogni, si sa, non si può dire di aspettare; è questo che li rende diversi dai desideri che invece hai voglia quanto possono attendere. E quindi, tornando a noi anzi a me, mi avvio zoppo zoppo verso il bagno che si trova, mi dice Gianantonio che ha un fratello in bass'Italia che fa l'olio e che c'ha pure il frantoio suo, in fondo a destra, dopo il palco. Mi precedono due ragazzi, che mi fanno strada e che è evidente sono molto più esperti di me nell'antica arte di andare al bagno nei centri sociali. Entriamo tutti e tre e quello che vediamo è il solito spettacolo all'italiana: quel bagno è un cesso, con in più solo due orinatoi. I due amici vanno, pisciano, e scambiano quattro chiacchere. Uno però è un pò più lento dell'altro e così succede che si libera una tazza ed io mi fiondo perchè me la sto facendo sotto. Il mio scompartimento è lurido, con fanghiglia in terra ed una scritta in prossimità dello sciacquone: "anche se tirate la catena non vi cascano le mani".
Non mi lascio intimorire però, faccio del mio e la butto tutta fuori; devo cantare in fondo e non posso avere liquidi che mi si muovono dentro. Vai, la faccio alla grande e mi tolgo un gran peso dallo stomaco (in senso figurato). Mentre sto per ricompormi però sento quello nel gabinetto accanto che canticchia una canzone che ha dello straodinario. La musica faceva più o meno ti ti ti, la la la bum bum bum, dunque non proprio qualcosa di originale. Nel testo tuttavia mi è sembrato di ravvisare tracce di una poetica estinta, echi di un antico ergersi degli artisti a moralizzatore del globo, briciole di una sensibilità alata che sorvola i tetti della ragionevolezza. Dice "vojo un fio peggio de me così almeno je meno".
Carico di questo insegnamento scarico tirando la catena: il fatto che sia qui a scrivere è dimostrazione che non provochi, come sostenuto in precedenza, la caduta delle mani.
La scena finisce con io che torno da Seasun, canto tutto con molta imprecisione e mi incazzo con me stesso di brutto.
"poco male" alla fine calmandomi penso "tanto ho intenzione di avere figli"

2 commenti:

LeCannu ha detto...

Spero proprio che un io ipotetico fijo non sia peggio de me.. Altrimenti mi picchierei io! ( la vedo molto probabile...)

LeCannu ha detto...

Diavolo d' un diavolaccio.. Non ti riposi mai, eh?