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giovedì, novembre 30, 2006

Documento Originale

Di PEPPINO CORONA:

Quella mattina per la prima volta si rese conto che il suo umore era identico a quello che aveva il giorno prima e tutti i giorni precedenti, anzi pensandoci bene erano mesi che si svegliava con la stessa sensazione d’inutilità. Si ritrovava sempre più spesso a fare un bilancio della sua vita e il risultato era ogni volta lo stesso: un gran casino. Che cosa incredibile era ricordare volti e nomi di persone conosciute tanti anni prima e non ricordare il nome di una persona incontrata solo da pochi giorni. Allora insieme ai nomi ritornavano alla mente fatti, situazioni vissute ed erano sempre momenti dove lui aveva un ruolo negativo, comportamenti sbagliati, decisioni che poi si sarebbero dimostrate pessime. Ogni volta che un episodio gli ritornava alla mente il suo corpo era scosso da un brivido, era un attimo, una sensazione sgradevole, ma inevitabile. Quel giorno svegliandosi prese una decisione. - Basta, cavolo è possibile che non abbia mai fatto una cosa positiva, piacevole da ricordare - Tolti tutti quelli che lo consideravano uno stronzo, e francamente non erano pochi, si chiedeva se c’erano delle persone che gli avevano voluto bene, che avevano avuto un’opinione positiva di lui. C’erano? Si, ma poche. - Basta! Mi sono rotto! - Questa fu la conclusione di quel cambiamento di tendenza e prese un’altra decisione, l’ultima, quella definitiva, quella che gli avrebbe tolto di dosso quella maledetta sensazione di ultimo della classe, di perdente cronico. Il suicidio. Si fa presto a dire suicidio, ma come togliersi la vita? Sotto un treno? E dove lo trovo un treno pensò, la metropolitana… no, spiaccicato sui binari, con decine di persone che fanno tardi al lavoro per colpa mia. No, il treno no. Un colpo di pistola alla testa, ma lui non aveva una pistola.Impiccato, una corda si trova, anche una trave, un tubo, ma poi si ricordò di aver letto che gli impiccati spesso nel momento del trapasso si pisciano sotto. Ancora una brutta figura, scartata l’ impiccagione. Il gas. Indolore. Passi dalla vita alla morte senza accorgertene, ma poi un testimone di Geova qualsiasi suona il campanello di casa e tutto il palazzo viene giù, decine di morti, feriti e da suicida diventi anche stronzo. Niente gas. Il taglio delle vene. Basta una lametta, ti sdrai nella vasca da bagno la riempi di acqua calda e come aveva visto in un film immergi i polsi nell’acqua e tagli, così non senti neanche il dolore e il gioco è fatto… Però non aveva la vasca, aveva un box doccia piccolissimo e poi tutto quel sangue sai che impressione. No, niente tagli. I barbiturici. Un sacco di gente si ammazza con i barbiturici, ma non sapeva cos’erano e allora andò a guardare su un dizionario. Barbiturico: s.m. Composto velenoso, derivato dall’acido barbiturico, impiegato in piccole dosi come sedativo e ipnotico. Allora pensò che per comprarlo serviva una ricetta. Scartò anche questa ipotesi perchè il suo medico non gli avrebbe mai prescritto dei barbiturici. Il suo era un medico strano. Che cosa complicata il suicidio, pensò. Quella mattina prese l’ennesima decisione, questa volta veramente l’ultima. Si fece la barba, una bella doccia calda, indossò i pantaloni preferiti, la camicia preferita, il maglione preferito e si mise le scarpe belle, quelle che non indossava quasi mai per non rovinarle. Uscì. Era una bellissima giornata e il sole e il vento leggero gli ricordavano la Sardegna. Ecco, già un ricordo piacevole. Era sulla strada giusta, quel ricordo ne chiamò un altro, una spiaggia isolata, una donna, una giornata indimenticabile. Prese la metropolitana senza gettarvisi sotto, scese a Piazza di Spagna, si sedette sulla scalinata e si accese un sigaro. Guardò con soddisfazione le sue scarpe e passò la giornata ad osservare le ragazze che salivano e scendevano la scala. Erano tutte affascinanti e decise che tutto sommato la vita era bella e dimenticò tutti quegli stronzi che lo consideravano uno stronzo. Pensò che qualcuno sicuramente lo amava e questo gli bastò per farlo sorridere. Perso nei suoi pensieri riguardò le sue scarpe e si disse che una cosa buona l’aveva fatta. Aveva comprato le più belle scarpe del mondo.

mercoledì, novembre 29, 2006

buone impressioni


Un' antenna non fa primavera. Però sta zitta e a volte tanto basta. Soprattutto quando sei sereno..

Forse ogni tanto fa bene fissare lo sguardo sull' indice, piuttosto che indirizzarlo alla luna( o al sole che tramonta, è lo stesso..)

lunedì, novembre 27, 2006

Prospettiva Heidelberg



Heidelberg l'avevo vista in tanti modi: di giorno, di notte, col sole, la pioggia e la neve. Già, la neve. Erano belle le case, era bella la biblioteca dell'Università, il Castello; era bella la Hauptstrasse, l'Università antica, il quartiere italiano che di italiano aveva solo il caffè e qualche sillaba ballerina in mezzo alla folla. Era bello il Ponte vecchio e il Neckarwiese, il Caffè Moro e il Jazz che ci suonava dentro a tutte le ore. Era li che trascorrevo i miei pomeriggi tra una tazza di thè un posacenere e un libro. Ogni tanto guardavo quel pezzo di strada delimitato dalle vetrine natalizie...la neve scendeva e io mi fermavo a guardarla perchè vederla scendere era un piacere e poi perchè l'atmosfera chiedeva un uomo pensieroso, uno sguardo fisso nel vuoto e una sigaretta in bilico su un posacenere. Un atmosfera degna di un Sammy Lucchetto tanto per intenderci. Un giorno Sammy sorseggiò anche lui un thè caldo su uno dei quei tavolini...per rispetto il boss del locale espose il tavolino e non lasciò che più nessuno vi si avvicinasse.
...tra qualche giorno tornerò nella mia bella Heidelberg. " Thee bitte"..." Gerne"..."Danke sehr".

chi l'ha visto? (de Cannucciaris)


se l'era preso l'amore, se l'era acchiappato la gioia.
a gambero era tornato sui passi passati nella ricerca di lei, li aveva guardati, li aveva strizzati come si fa con le olive. il succo amaro era uscito a gocce battenti, il buono era finalmente arrivato. Ora:
al posto del nero lo sparo, al posto del pianto l'incanto, in luogo del vizio l'inzio dal principio.
Tutto nuovo, tutto da capo, tutto intimamente meritato.

p.s. bella er cannù, i fratelli di rvs 29/9 ti augurano un buon risveglio di vita.

domenica, novembre 26, 2006

I quattro madrigalisti moderni

Piccolo omaggio a Philippe Noiret e al secondo capitolo di una indimenticabile trilogia.. Tu sai qual' è, tu sai com' è, tu sai pecché..

sabato, novembre 25, 2006

Salt Peanuts



E allora Freddy mi guarda e mentre disintegra la settantaduesima nocciolina mi racconta di una storia. Io sorseggio, lo ascolto e sorseggio di nuovo. Poi alza lo sguardo, mi fissa e dice che dobbiamo smetterla con questo bianco e nero da locale. Io rispondo che ha ragione, ma che il bianco e nero è più affascinante del colore e che non tutti se lo possono permettere. Poi butto tra le carcasse delle noccioline la tesi consolatoria. I nostri pensieri in bianco e nero dedicati ad anime troppo indaffarate sono troppo belli per sprecarli senza avere in cambio una risposta, un gesto, un discorsetto di circostanza. E allora dico a Freddy che per stasera rimaniamo a colori, rimaniamo nella normalità, il bianco e nero ce lo teniamo per le grandi occasioni o più semplicemente per quando ne vale la pena. Allora Freddy fracassa un'altra nocciolina, prende il suo bicchiere e brindiamo a qualcosa che non abbiamo ancora capito. Ma intanto brindiamo e beviamo perchè la birra da queste parti è veramente buona.

venerdì, novembre 24, 2006

Evergreen

Il mio primo video post doveva necessariamente essere qualcosa di memorabile. Per la gioia di grandi e piccini!

giovedì, novembre 23, 2006

Au revoir



Finché saremo capaci di sorridere e di imprecare, finché guarderemo al mondo come ad un inesauribile vortice di occasioni, ( anche se un pò stronzo), finché ci capiremo senza bisogno di un interprete aramaico o di un intermediario dei servizi segreti, finché i piedi ci reggeranno e passegggiare per chilometri non sarà un problema..

Qui dovrebbe intervenire il periodo principale, ma credo che vada bene così. Mi piacciono le subordinate fine a sé stesse. Questa, in particolare...

martedì, novembre 21, 2006

Ordine e progresso


Ci sarebbe da sconfinare un po'. Barcellona sa essere minuscola, quando vuole.
Prendo il treno e vado all'Autonoma, a seguire dei corsi, tanto per.

Fingermi studente mi aiuta a riprendere confidenza coi libri.
La linea S2 attraversa scenari suggestivi. Il cielo ancora limpido della Ciutat e dintorni ci mette del suo. Sembra che l'inverno da queste parti non debba arrivare. All'università tutto è sterile, quadrato. (Spesso gli atenei somigliano agli ospedali.) Seguo un seminario di Roman Gubern sul cinema d'essay. Parla di Rossellini, dice cose che ho già abbondantemente ascoltato altrove. Poi mette su un documentario, sempre su Rossellini, e anche quello dice cose che ho già abbondantemente ascoltato altrove. Il DVD si inceppa, per fortuna. E allora vado a mangiare alla mensa. Ospedaliera. Con Aitor, Olga, Sebas, altri ragazzi e ragazze più o meno catalani.

Lavorare mi restituisce il senso delle pulsioni primarie. Me lo restituisce nella misura in cui non me lo chiedo affatto, il senso delle cose.
Ci sono pulsioni che devono vedersela con tediose complicazioni socioculturali, e vabbè.
Ma insomma, quando ho sonno dormo (a volte poco, a volte troppo), quando ho fame mangio, quando ho sete bevo, quando devo andare al bagno, vado. Faccio cose, suono con uno o due gruppi, vado in biblioteca a studiare, esco, vedo gente, fumo, bagordi, discoteca, cene, una fresca, una frasca. Poi suona la sveglia, e faccio la capriola, e riparto. Il lavoro è una pausa, è il momento del defrag. Ne esco ogni volta esausto ma sempre di buon umore. Non vorrei avere più tempo, in fondo. Ne ho sempre avuto tanto da non sapere cosa farmene.

lunedì, novembre 20, 2006

I massimi sistemi



Quando l' idea si concilia con la sua materializzazione oggettiva, il soggettivo si eleva a sistema. L' oggettivazione del trascendentale passa per le impervie strade di una cucina a gas..Non vuol dire nulla, ma dovevo pur trovare una frase ad effetto per giustificare l' ineffabile apporto e supporto esistenziale del caffè mattutino accompagnato da una bionda. Scalìa cantò, Le Cannu immortalò iconicamente e quasi stornellando..

domenica, novembre 19, 2006

Conflitti generazionali

(foto che il server non mi carica di Frank Zappa al bagno. Disponibile all'indirizzo http://imagecache2.allposters.com/images/2/Posters/PR3058.JPG )

"vabbè vado a pisciare e quando torno mettiamo le voci".Così ho detto e così ho fatto.
Seasun, il fonico del Forte Prenestino, è un gran professionista, lavora con serietà e sa tirare fuori da ogni strumento quello che prima del suo intervento probabilmente neanche c'era. Il suo studio sta proprio all'interno del Forte, un centro sociale sgarrupato, sporco ed abitato da gente neanche troppo cordiale. Pare che al Forte 20 anni fa non ci si potesse neanche avvicinare per via della incazzosa comunità punk che lo abitava. Oggi le cose sono cambiate e di molto, anche se alla cucina sociale servono ancora solo cibi coltivati/allevati biologicamente.
Sta di fatto che intorno alle 18, dopo 6 ore di copia e incolla, di missaggio e mani nei capelli, arriva il momento di cantarci sopra a sta canzone (che fa più o meno "titi, la la la, bum bum bum"). Come accade spesso però, proprio quando è il tuo turno, scatta il momento del bisogno ed ai bisogni, si sa, non si può dire di aspettare; è questo che li rende diversi dai desideri che invece hai voglia quanto possono attendere. E quindi, tornando a noi anzi a me, mi avvio zoppo zoppo verso il bagno che si trova, mi dice Gianantonio che ha un fratello in bass'Italia che fa l'olio e che c'ha pure il frantoio suo, in fondo a destra, dopo il palco. Mi precedono due ragazzi, che mi fanno strada e che è evidente sono molto più esperti di me nell'antica arte di andare al bagno nei centri sociali. Entriamo tutti e tre e quello che vediamo è il solito spettacolo all'italiana: quel bagno è un cesso, con in più solo due orinatoi. I due amici vanno, pisciano, e scambiano quattro chiacchere. Uno però è un pò più lento dell'altro e così succede che si libera una tazza ed io mi fiondo perchè me la sto facendo sotto. Il mio scompartimento è lurido, con fanghiglia in terra ed una scritta in prossimità dello sciacquone: "anche se tirate la catena non vi cascano le mani".
Non mi lascio intimorire però, faccio del mio e la butto tutta fuori; devo cantare in fondo e non posso avere liquidi che mi si muovono dentro. Vai, la faccio alla grande e mi tolgo un gran peso dallo stomaco (in senso figurato). Mentre sto per ricompormi però sento quello nel gabinetto accanto che canticchia una canzone che ha dello straodinario. La musica faceva più o meno ti ti ti, la la la bum bum bum, dunque non proprio qualcosa di originale. Nel testo tuttavia mi è sembrato di ravvisare tracce di una poetica estinta, echi di un antico ergersi degli artisti a moralizzatore del globo, briciole di una sensibilità alata che sorvola i tetti della ragionevolezza. Dice "vojo un fio peggio de me così almeno je meno".
Carico di questo insegnamento scarico tirando la catena: il fatto che sia qui a scrivere è dimostrazione che non provochi, come sostenuto in precedenza, la caduta delle mani.
La scena finisce con io che torno da Seasun, canto tutto con molta imprecisione e mi incazzo con me stesso di brutto.
"poco male" alla fine calmandomi penso "tanto ho intenzione di avere figli"

venerdì, novembre 17, 2006

Carpe Diem


Quel giorno Juan si era svegliato ricordando l'epressione di una donna che aveva amato tanti anni prima. Si chiamava Rosa e lavorava come cameriera in un ristorante frequentato da vecchi puttanieri e da qualche passante mal capitato. Era li che l'aveva vista per la prima volta e non passò molto perchè quelle sue forme agili e snelle divenissero una droga, un dipinto di incredibile grazia in cui riposare lo sguardo dopo giornate di duro lavoro. Non vinse mai la timidezza e il rossore che, ad ogni sguardo, insidiava le sue gote tradendo l' apparente indifferenza della sua espressione. E fu così che il desiderio di quella donna rimase sconfitto dallo scacco del tempo e della timidezza.
Juan aveva amato il suo modo di fare e la leggerezza che muoveva ogni suo passo, il desiderio di vederla arrivare e la sua espressione curiosa e felice.
A tutto questo pensò quel mattino sorpreso da un brivido e dal respiro profondo di sua moglie; raggomitolò le gambe e chiese all'alba di lasciargli il tempo di sognare.

giovedì, novembre 16, 2006

Semplice parlare



- Ramon, pensavo a quello che mi hai detto l'altro giorno... quella storia sul fiore e sulla merda -

- Ah si... bel ragionare -

- Esatto. Stavo pensando che ogni volta che parli usi degli ossimori che mi lasciano proprio stupito -

- Eh già... -

- Ramon... -

- Eh? -

- Tu lo sai cos'è un ossimoro? -

- No. Però conosco bene l'odore dei fiori e la puzza della merda. Credo che possa bastare... -

- Si. Penso di si -

mercoledì, novembre 15, 2006

La stanza del figlio



Riflettendoci bene, non si trattava di un' operazione complessa. Bastava spostare una libreria ingombrante verso la camera da pranzo e sostituire quello spazio ormai vuoto con una scrivania. Soltanto l' altro ieri, mio padre mi ha fatto una sorpresa, effettuando questo significativo cambio di mobilia in quella che ormai è divenuta la mia stanza, dal momento che la mia sorellina si è trasferita altrove. Sembra una stupidaggine, ma non avere uno spazio che sia tuo, che ti consenta di avere tutte le tue cose sott' occhio e di organizzarti come vuoi al suo interno, è allucinante. Se non hai la possibilità di rifugiarti in un " luogo sicuro" all' interno delle anguste mura di casa, non hai intimità, ergo non sei libero. Io non ho mai avuto una stanza che potessi considerare " mia": quando abitavo a Roma mi barcamenavo tra due grandi sale, nelle queli avevo disseminato le mie cose. Qui ad Ostia, visto che l' abitazione era troppo piccola per quattro persone, avevo rinunciato volutamente alla mia dimensione personale. Ed ora, invece, la svolta. E' questione di attimi, e nel giro di poche ore ti ritrovi ad avere il sorriso sulle labbra per una minuzia grande come un condominio. Passerei ore soltanto appoggiato sul pianale della scrivania a guardare il soffitto...

domenica, novembre 12, 2006

Di domenica

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior

F. de Andrè

Si era svegliato ed era di domenica. La testa bruciava, il caffè aveva smesso di essere caldo e fuori pioveva un autunno grigio. Era un giorno di riposo, di musica soffusa, di Thè alle 17.00 e di sigarette a colazione. Ragionava sul prossimo futuro e come spesso gli accadeva si ritrovò a veleggiare tra le immagini di un passato in bianco e nero. Per una strana alchimia di profumi, visioni e probabilmente di sbalzi ormonali, gettò il suo sguardo al ricordo di Genova. L'aveva vista d'autunno, qualche anno prima. C'era arrivato con un treno, all'alba. Ricordava il sapore delle strade, l'odore del Porto Antico, si guardava camminare tra i Caruggi. Poteva ascoltare ancora il dialetto, gli iati, i dittonghi, quel parlare che assomigliava ad un canto d'Arabia e di Portogallo. Non era bella Genova, ma si faceva amare, si lasciava penetrare e come la più straordinaria delle puttane non aveva vergogna di raccontarsi.

Il ricordo di Zena lo aveva colpito in quella domenica anonima e di riposo ed era contento di rivedere nella mente quelle immagini. Pensava che sarebbe stato bello svegliarsi ogni mattina e ricordare un viaggio sorridendo ad una finestra che dava sulla pioggia d'autunno.

venerdì, novembre 10, 2006

giovedì, novembre 09, 2006

Memory slidin' away..



" Father, yes, I am a prisoner
Fear not to relay my crime
The crime is loving the forsaken
Only silence is shame

And now I'll tell you what's against us
An art that's lived for centuries
Go through the years and you will find
What's blackened all of history
Against us is the law
With its immensity of strength and power
Against us is the law!
Police know how to make a man
A guilty or an innocent
Against us is the power of police!
The shameless lies that men have told
Will ever more be paid in gold
Against us is the power of the gold!
Against us is racial hatred
And the simple fact that we are poor

My father dear, I am a prisoner
Don't be ashamed to tell my crime
The crime of love and brotherhood
And only silence is shame

With me I have my love, my innocence,
The workers, and the poor
For all of this I'm safe and strong
And hope is mine
Rebellion, revolution don't need dollars
They need this instead
Imagination, suffering, light and love
And care for every human being
You never steal, you never kill
You are a part of hope and life
The revolution goes from man to man
And heart to heart
And I sense when I look at the stars
That we are children of life
Death is small"

Joan Baez, " The ballad of Sacco & Vanzetti"

mercoledì, novembre 08, 2006

Idraulici tentativi

Genuflesso tra un cesso ed un bidet, tentava con la destra appositamente attrezzata di stringere un non meglio identificato e sovversivo bullone, ritenuto artefice di una perdita lieve ma quantomai inopportuna. La sinistra tesa ad arpionare il bordo del sovracitato cesso scivolava lenta mettendo a repentaglio la buona riuscita della missione e la buona salute del di lui cranio. Sentiva l'attrito venir meno, lo sguardo perso in un punto di ceramica dove una crepa delicata e timida regalava un tocco di vissuto. Il pappagallo beccava a vuoto lanciando metallici canti di ferro contro ferro, poi toccava punti in maiolica e la tonalità scendeva sensibilmente. In controcanto e perfettamente intonato rispondeva puntuale la voce bassa dell'improvvisato idraulico contorsionista con composizioni di bestemmie dove le dentali e le labiali venivano pronunciate con maestria da doppiatore. Il volto ormai schiacciato tra pavimento e parete consegnava l'immagine di un uomo che si domandava senza risposta il perchè di quel tentativo. A chi fosse entrato in quel momento nell'antro di igienico servizio, un profilo di culo si sarebbe palesato in posizione provocatoria. Inutile lo sforzo di arginare il flusso, faticosa e vana l'imbarazzante postura, nell'attimo di decisione, di abbandono e di sconfitta per manifesta inferiorità, udì uno spalancarsi di porta, uno spostamento d'aria che suggerì la presenza di un curioso. Una voce di madre sorpresa porse il legittimo quesito.
- Ma che stai facendo? -
- Tento. Ma ti prego, lasciami solo... -
- Fa un pò come te pare. Io chiamo l'idraulico... -
Alle parole della materna figura, si abbandonò all'evidenza dei fatti lasciando la presa con la sinistra. Adagiò la mole sul maiolicato, rilassò muscoli sconosciuti e rise di un'incapacità evidente. Si voltò e scorse il tappo del dentifricio dato per disperso la sera prima. Lo agguantò smorzando la sensazione di sconfitta e si rialzò sbuffando. Il busto ancora piegato, l'occhio che tornava alla luce e una straordinaria quanto improvvisa scossa occipitale. Dimentico del pensile in legno a lui perpendicolare non trovò la forza di sillabare ingiuria o sproloquio. Portò due dita a verificare la presenza di sangue sul punto d'impatto e finalmente fu in piedi. Guardò il cesso, gli sembrò di udire lontana e beffarda una risata gutturale, di tubatura. Decise un ultimo, definitivo gesto. Si slacciò, prese la mira, pisciò di gusto e se ne andò senza scaricare.

martedì, novembre 07, 2006

Elogio della Follia


" Wendy, Tesoro, Amore. Della Mia. Vita....

Ti giuro che non ti faccio niente.. Soltanto, quella tua testolina,

IO TE LA SPACCO IN DUE!!! "



Jack Torrance, custode dell' Overlook Hotel.

lunedì, novembre 06, 2006

distorsioni e misunderstandings( se piace a me..)


Uno dice: " Da un grande potere deriva un grande senso di colpa.. "

L' Altro replica: " Ma tu non hai nessun potere!"

Dunque l' Uno risponde: " Allora rimane solo il senso di colpa.. per giunta unito ad un gran mal di testa!"

domenica, novembre 05, 2006

Le Lune di Giove





Dopo due anni di assenza dalle scene, sono tornati.. Approfitto del mio blog per ringraziarli, da 12 anni fanno parte a vario titolo della mia vita e il mio affetto per loro e grandissimo! Continuate così, ci rivediamo il 16 dicembre, sperando che il buon Alberto Recchia ci onori della sua presenza! Per chi volesse conoscere meglio i Jupiter' s moon, vi linko il loro sito: www.jupitersmoon.it

sabato, novembre 04, 2006

Recinzione de " Fascisti su MMarte"


Nzomma com'è e come nun è, ce sta sto razzo che sfreccia nello spazzio mentre in sottofondo na voce a bordo campo aricconta de 'sti fascisti che s' ereno messi in testa de annà su Mmarte pe' daje un pò de colore negro pure che li negri je staveno sulle palle. Un sacco de luci e de colori pizzichedelici nella sigla che rimandano a 'na certa filmaggiografia de Adissee nelli spazzi ce illùmineno sulla condizzione pizzicotrofica de li protagonisti che s' ereno fumati l' impossibile, anche perchè sennò come facevano a trovà er carburante giusto dar momento che er razzo nun se capisce bbene come vola? Daje che t' aridaje sto cannone gigante de metallo se schiantà sulla sabbia, ed ecco che escheno fori sti tizzi vestiti da arbitri- se capisce bene 'na certa satira verso un campionato de merda che s' è risorto in una balla spazziale. Ce sta er capoccia Barballi che je rode sempre er chiccherone, forze perchè c' ha dei trascorsi brutti anche se nun se vede ma se capisce da certi rimandi a capoccioni volanti e a pupazzi che se riallacciano all' infanzia negata. Anfatti sto tipo c' ha certe Madonne, ma certe Madonne che le vede solo lui. Poi ce sta un regazzino disadattato che gioca sempre a pallone- come nun ricordare il calcio negato, i mondiali persi dall' itaglia pé 'na incapacità abbissale de affrontà la realtà che i carci de rigore nun li sapemo tirà- , c' è uno brutto che nun se capisce se c' ha 20 anni oppure 50 che c' ha la fissa della briscola ma fa male gli schemi e je viene fòri un 5- 5-5 che lo fa impazzì; poi c' è uno che je piace la bella vita e se la fa con le marziane prima della finale, ce ne stà n' antro che nun parla mai e penza alla donna che sta a casa a guardallo in televisione e perciò je viè da piagne. Infine c' è uno cicciottello che prima è bianco, poi diventa negro, un omaggio al trasformismo del calcio e un' amara nota de autarchia che ce fa capì quanto è importante puntà sulla primavera della Roma. Questi qua inzomma cercheno de comannà su li serci, li pijano a carci, li butteno in rete, ma nun è che la partita s' arisorva un granchè, fino a cchè nun arivano quattro scosciate de drive in cò la cuccumella in testa che cercheno de faje capì che prima der derby ce se pò pure divertì, basta che se lasci pede la pleistescion e i superarcolici. Allora a sto punto succede un bordello, forze una metafona della promiscuezza sessuale: uno se fà frate( e qui un riferimento all' assenza dei valori cattolici ner Carcio), un 'artro scappa cor sasso, allagorìa de la fuga in classifica der milan, mentre er regazzino cor Negro e er matto se danno co' le cavallone, forze un ritorno ar passato sull' astronave der consumismo anni '80 che però ce riporta a scudetti indimenticabbili.. Dallo che t' aridallo, er capoccia rimane da solo sulla sabbia cor rodimento de chiccherone che, è proprio er caso de dillo, è alle stelle, fossilizzato in una concezione der carcio che è rimasta all' anni 30 che vabbè che regalarono un grosso scudetto alla maggica, però te fanno riflette. un fim amaro, crudo, dove se ride pe' nun piagne,, anche se c' è da di che li colori dominanti giallerossi je danno una nota de prestiggio...

Grazie a Lorenzo Ghezzi e a Johnny Palomba per le lezioni di stile..

venerdì, novembre 03, 2006

Amarcord?


I ricordi sono strani,imprevedibili, spesso fumosi e distorti. Ma ci sono dettagli che rimangono impressi nella memoria con una nitidezza sorprendente, forse eccessiva. Mi torna sempre alla mente un episodio, o meglio un contesto di quando ero all' asilo. Dunque, c' era questa bambina bellissima. Capelli biondi, occhi celesti. Mi ricordo che si chiamava Valentina, mi piaceva tantissimo( come può piacere una bambina di 4 anni ad un suo coetaneo, insomma). Io le chiesi se voleva essere la mia fidanzatina, ma lei rifiutò. Mi disse che aveva già un fidanzato, era un bambino che vedevo spesso all' asilo, diciamo un " amichetto" , di cui non ricordo il nome, so solo che era uno di quei tipi che volevano comandare e facevano valere la loro anzianità( "c' ho tre mesi più di te, te magno in testa", et similia). Succedeva allora che, durante l' ora di ricreazione, giocavamo spesso nel giardino della scuola. Vi ricordate quel telefilm che impazzava una ventina d' anni fa, " Manimal"? La storia del tipo che si trasformava in qualunque animale volesse, insomma. Va beh, noi bambini mettevamo in scena i personaggi del telefilm, e a me toccava sempre fare il cattivo. Avevo il mio momento di gloria, perchè rapivo Valentina: ma non appena incominciavo a scappare, il suo " fidanzato", che impersonava il buono, mi riacciuffava ed io rimanevo con le pive nel sacco un' altra volta. Mi ricordo poi che quella bambina non venne più all' asilo: mia madre mi disse che si era trasferita con i genitori in un quartiere lontano lontano...
Che cosa ho voluto dire? C' è una morale? Boh, non so. Forse quel che emerge è che alcune sensazioni sono strettamente personali, e che probabilmente solo io al mondo ho questa percezione di due persone che probabilmente non si ricordano nemmeno che io esista. Forse la bambina non si chiamava nemmeno Valentina. Comunque la vogliate vedere, mi ricordo. E non è c' è vena nostalgica, o almeno non del tutto, in questa affermazione.

giovedì, novembre 02, 2006

Sans titre


...pensava che tra meno di un mese si sarebbe dovuto cercare un altro lavoro. Pensava a quello che gli avrebbero detto, che era bravo, ma che non c'erano soldi per tenerlo. Pensava a quante altre volte gliel'avevano già detto. Pensava che non aveva mai avuto un contratto per più di 5 mesi, quando ne aveva avuto uno. Pensava alle lettere di motivazioni inutili che aveva scritto, e quante ne avrebbe dovute ancora scrivere. Pensava che quella città tutto sommato gli piaceva, ma che ancora non poteva sapere se ci si sarebbe fermato un altro po'. Pensava alla prossima città in cui avrebbe voluto vivere. Pensava a quanti ragazzi italiani stanno nella sua situazione, e a quanti stanno peggio. Pensava che di questo nessun politico parlava mai, dei salari ridicoli, dei contratti fasulli, dello stage come nuova forma di sfruttamento mascherato da opportunità. Contratto a progetto, lavoro a progetto, brandelli di vita a progetto. Pensava che però qualcosa di positivo c'era. Pensava che è sempre bello partire, scoprire, essere viaggiatori. Pensava che ultimamente pensava sempre alle stesse cose. Pensava che con il sole di novembre anche quella città apparentemente così grigia diventava quasi bella. Pensava alla precarietà che dominava quel momento della sua vita. Precarietà del lavoro, dei sentimenti, degli affetti, dell'anima. Pensava a quella sana inquietudine che lo aveva sempre spinto un po' più in là, e che ormai era parte di lui. Pensava che forse si voleva fermare per un po'. Pensava che forse non aveva nessuna voglia di fermarsi.
L'aria era fresca, leggera. Pensava che aveva ancora tanta voglia di respirarla.

Il giorno dei Morti


"Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero."

Pier Paolo Pasolini
Bologna, 5 Marzo 1922- Roma, 2 Novembre 1975

mercoledì, novembre 01, 2006


Post n° 128

Ridere, ridere, ridere ancora.



" Mi viene da ridere. Anzi, sono veramente allegro, contento, spensierato. La mia è la gioia di un uomo che ha finalmente realizzato tutti i suoi sogni facendosi burle del senso dello Stato, della dignità degli altri, del comune senso del pudore e del ridicolo. Ho fatto tutto questo, e l' ho fatta franca. Ero amico di Craxi, ero tesserato nella P2 di Gelli, ero imprenditore senza portafogli ma con valigie di denaro che cadevano miracolosamente ai miei piedi, ero protettore di mafiosi. Sono diventato l' impunità pubblica numero uno, grazie all' acquiescenza dei poteri forti, degli alti Papaveri di partito, grazie alle immagini soporifere che vi propino da 30 anni. Sono divenuto padrone delle vostre coscienze e dei vostri portafogli, facendo tutto quello che voi piccoli dementi non vorreste mai fare: lavorando in prima persona per smantellare lo stato di diritto. Un' impresa che( e questa è la parte che mi più sganasciare) è andata liscia come l' olio, perchè questo paese ha la fortuna di avere una classe politica da sempre prostrata all' alta finanza, ai Padroni, tendenzialmente refrattaria ad ogni cambiamento, perchè la poltrona è sempre quello che conta di più. E voi, piccoli uomini, avete sempre pensato, nella vostra abissale ignoranza della Storia( che è anche la mia, per carità: ma io posso permettermi di ribaltare qualsiasi concetto, di rifuggire dalla logica, i miei soldi ragionano per me) che io fossi la fonte di tutti i mali, il vaso di pandora che ha liberato la cattiveria nel mondo. Voi e il vostro manicheismo del cazzo... Io sono un prodotto, come tuttti voi. Ma a differenza di voi, io vivrò per sempre. E voi continuerete ad avvelenare le vostre misere esistenze imprecando al mio indirizzo( o contro Prodi, che da me differisce ben poco: è solo per una questione di reddito..). Comunque vada, vi ringrazio: il mio sorriso si allarga sempre più, e la mia vecchiaia e al riparo da qualsiasi affanno. "

Silvio.