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martedì, marzo 20, 2007

Giusto di questi tempi.. Trent' anni fa.


L' 11 Marzo del 1977 lo studente Francesco Lorusso viene ucciso a bologna, durante scontri tra autonomi e forze dell' ordine degenerati dopo i tafferugli seguiti all' occupazione ciellina della facoltà di anatomia. Autonomi e giovani democristiani si erano fronteggiati, erano volate parole grosse, qualche schiaffo, fino all' intervento della polizia che sgombera cento studenti di sinistra dalla facoltà. Sembra tutto finito, quando cominciano a volare molotov: panico e sgomento, un giovane carabiniere di leva, Massimo Tramontani, di anni 22, spara diversi colpi all' impazzata tra la folla confusa nella cortina dei fumogeni: Francesco LoRusso è colpito al petto e morirà poco dopo, accasciandosi al suolo.
Con questo grave fatto di sangue si apre il ' 77, un anno che molti hanno paragonato al ' 68 ma che da esso si discosta per ragioni molteplici: il primo nasceva da un' istanza globale di rinnovamento e di emancipazione, il secondo muove prettamente da ragioni di ordine polito- economico- sociale tutte legate al contesto italiano: recessione, scarsa mobilità sociale. il Primo movimento aveva visto operai e sudenti lottare fianco a fianco, il secondo vede schierati i secondi contro i primi ed in generale verso il PCI e la sinistra parlamentare, colpevole di predicare la linea dell' austerità ad una generazione di futuri precari, una generazione trasversale di studenti borghesi e sottoproletari, accomunati dalla rabbia verso un partito chiesa ormai conservatore e reo di disconoscere dignità di lavoratori agli studenti, ai futuri ( dis) occupati. Lo stato è retto da un monocolore Andreotti con l' astensione- appoggio del PCI, ministro dell' interno è Francesco Cossiga; impazzano le brigate rosse mentre a Torino si svolge con estrema difficoltà il processo a carico dei suoi padri fondatori, tra cui Curcio e Franceschini: l' avvocato Croce, incaricato di costitutire il collegio per la difesa dei brigatisti, viene trucidato.; tra i giornalisti, vittima illustre Carlo Casalegno de " la Stampa".
Sembra un crescendo rossiniano di viloenza destinato a non interrompersi, questo 77: il disagio tra gli studenti è fortissimo, il segretario della CGIL Luciano Lama viene aspramente contestato dagli studenti alla Sapienza di roma. Esponenti operai del servizio d' ordine si picchiano con giovani universitari di sinistra. Il 12 Maggio i radicali di Pannella indicono una manifestazione per celebrare i 3 anni dal referendum sul divorzio, nonostante l' esplicito divieto di cossiga a qualsiasi forma di assembramento di piazza in seguito all' omicidio dell' agente Passamonti durante gli scontri del 21 aprile. Scoppiano tafferugli in diverse zone del centro, poliziotti in borghese dai capelli lunghi e jeans lisi si mescolano alla folla, il corteo dei radicali viene incalzato dagli autoblindi della questura su ponte Garibaldi, i manifestanti fuggono per piazza Belli. Uno sparo improvviso dal centro del ponte e la studentessa diciannovenne Giorgiana Masi si accascia a terra, colpita alla schiena. Muore.
Ancora a Roma, pochi mesi più tardi.
Walter Rossi sta distribuendo il quotidiano " lotta Continua" assieme ai compagni della Balduina, noto covo di neofascisti del rango di Alessandro alibrandi e dei fratelli fioravanti. Sono circa trenta ragazzi e risalgono via delle medaglie d' oro sotto lo sguardo degli agenti in borghese che li dissuadono dal proseguire per la presenza di alcuni fascisi agguerrriti. Mentre walter e i compagni stanno retrocedendo, giunge voce di un' aggressione ai danni di alcuni di loro, Walter ed altri accorrono per verificare, per capire, ma si trovano di fronte un gruppo di giovani di estrema destra: urlano slogan di patria, onore e tradizione, ed uno di loro grida: " spara, spara! ". Uno dei fascisti si inchina con calma e spara 4 copli di calibro nove: Rossi è colpito alla nuca. Muore a vent' anni. Il presunto assassino, Alessandro Alibrandi, sarà ucciso alcuni anni più tardi in uno scontro a fuoco con la polizia.

Ecco, il 77 non è stato solo questo, è stato per alcuni versi molto peggio, eppure è stato forse l' ultimo anno in cui le coscienze di molti giovani, seppur in maniera assai più confusa e rabbiosa del solito, hanno tentato una risposta estrema al disagio crescente che non otteneva risposte né dalla sinistra berlingueriana e tantomeno dalle istituzioni, che bollavano tutto e tutti come" terroristi, squadristi". Le risposte, quando ci sono state, spesso non hanno centrato il bersaglio o lo hanno fatto in maniera letterale. Spesso l' eroina ha avvolto con l' oblio il risentimento.

Pochi della mia generazione sanno cosa sia successo, io stesso forse non so nemmeno raccontarlo, ma comunque ci ho provato.

P. s.: l' agente Tramontani, in virtù della legge Reale, non è mai stato incriminato per omicidio. E' valsa l' opzione della legittima difesa.
Gli autori dell' omicidio di Giorgiana Masi non sono mai stati individuati.

venerdì, marzo 16, 2007

Ventiseiagostoduemilaquattro

Sono ore d'ansia. I giornali, i siti internet, radio e televisioni riassumono in questa breve frase il crogiuolo di emozioni che si accavallano ad ogni "ultim'ora". Le dichiarazioni si inseguono, le richieste di silenzi stampa sono comprensibili, le telecamere sotto casa della moglie del sequestrato mi sembrano una cazzata. Ma d'altronde in queste situazioni sembra che non si possa fare a meno del giornalista che chiede al parente di turno pallido e stanco: "Come si sente?". E come mi sento brutta testa di cazzo? Dimmi... secondo te come mi sento? Comunque, per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo, il Governo Italiano ha attivato quelli che vengono detti canali, ovvero contatti, mediazioni a livello politico, ma anche e soprattutto lavoro di Intelligence (termine molto usato negli ultimi anni) e quindi Servizi Segreti, operatori ufficiali e non, presenti nei territori "caldi". Mentre scrivo, l'ultima notizia racconta dell'uccisione dell'autista di Mastrogiacomo e di una proroga dell'ultimatum che i Talebani avevano lanciato ieri. Non voglio ergermi a conoscitore delle dinamiche che regolano lo svolgimento di queste situazioni delicate, non ne ho la presunzione e quindi, come buona parte degli italiani (e non solo, viste le numerose firme di persone straniere che hanno sottoscritto l'appello per la liberazione del giornalista) seguo lo scorrere degli eventi sperando che Mastrogiacomo possa tornarsene a casa. La riflessione che ho fatto in questi giorni è stata piuttosto rivolta a ciò che, come paese, abbiamo già vissuto altre volte nel corso di questi anni di guerra. Dopo una breve ricerca ho scoperto che gli italiani rapiti in Iraq ed in Afghanistan dal 2002 ad oggi sono stati parecchi. Alcuni di questi sono tornati a casa, liberati grazie a blitz militari o sotto probabile (molto probabile) pagamento di un riscatto mai ufficializzato dal Governo. Tra le persone rapite alcune sono rimaste maggiormente impresse nella memoria collettiva perchè diventate protagoniste di una fine vigliacca o di un ritorno rocambolesco. Parlo di Fabrizio Quattrocchi, operatore di sicurezza privata, giustiziato in Iraq inconsapevole del rischio di girare con un mitra in un paese in guerra e dimentico che un italiano muore come un russo, uno svizzero o un brasiliano; parlo di Giuliana Sgrena, giornalista del "Manifesto", rapita in Iraq e tornata a casa nonostante il fuoco amico degli americani che è costato la vita a Nicola Calipari, agente del SISMI; parlo delle due Simone, rapite in Iraq e liberate dopo 21 giorni di prigionia. Insieme a Quattrocchi furono rapiti dalle "Falangi di Maometto" e poi liberati con un blitz delle forze della coalizione anche Salvatore Stefio, Umberto Cupertino e Maurizio Agliana. In Afghanistan prima di Mastrogiacomo sono stati due i casi di sequestro finiti con la liberazione degli ostaggi: Clementina Cantoni, cooperatrice di una ONG e il giornalista Gabriele Torsello. Ancora in Iraq vennero rapiti ed uccisi l'imprenditore italo-iracheno Ayad Anwar Wali e Salvatore Santoro, cittadino italiano che viveva in Gran Bretagna. Oggi in Afghanistan, nelle mani dei Talebani, c'è il giornalista Daniele Mastrogiacomo. Mastrogiacomo aveva un collega. Si chiamava Enzo Baldoni, copywriter e collaboratore di "Diario", della "Stampa" e del "Venerdì di Repubblica". Anche lui è stato rapito ed ucciso in Iraq. Il 26 agosto 2004. Ha avuto la sfortuna di morire ammazzato durante le ferie d'agosto, mentre le autostrade sono fiumi di lamiere che si spostano per "l'esodo". Ha avuto la sfortuna di essere prigioniero quando la televisione non la guarda nessuno, quando oggi il giornale non lo compro perchè tanto al mare con il vento non ce la faccio a leggerlo. Enzo Baldoni se lo ricordano in pochi, e in pochissimi si ricordano i giorni del suo sequestro. Il funerale di Enzo Baldoni lo hanno celebrato un anno dopo la sua morte perchè non è mai stato trovato il suo corpo. La Croce Rossa ha trovato un osso umano nel luglio del 2005 e dopo le analisi del DNA è risultato appartenere al giornalista scomparso.

Spero che Mastrogiacomo torni presto a casa. Lo auguro a lui, alla sua famiglia, ai suoi colleghi di "Repubblica", a tutti noi perchè è un bravo giornalista, ma rimango con il dubbio che i sequestrati non sono tutti uguali.

sabato, marzo 10, 2007

Come una pietra che rotola


Così cantava Robert Zimmerman ieri sera alla radio. E ho cantato pure io perchè il momento era cantereccio e perchè mi andava di cantare. Oggi però niente racconti, storie, personaggi e luoghi inventati. Oggi mi rilasso e forse mi ubriaco. Vado a vedere Italia - Galles. Se qualcuno mi cerca sono allo Stadio Flaminio: Curva Sud, Ingresso 17, Settore N, Fila 14, Posto 19.

giovedì, marzo 08, 2007

Cose morte, persone vive


Non so quanti di voi siano al corrente della mia passione per l' epigrafia latina, immagino pochi. Bene, se riuscirò a terminare gli esami, sarà proprio in questa deisciplina che mi laurerò. Molti ritengono la materia di una noia e di una pedantezza mortale: cosa ci può essere di dinamico nello studiare iscrizioni? cosa ci può essere di utile nel conoscere vita, morte e miracoli di individui morti da parecchi secoli, oppure nel comprendere il funzionamento delle magistrature, dei sacerdozi, delle associazioni di vario genre e natura che riunivano gruppi sociali omogenei? Apparentemente nulla, anzi: forse nulla tout court. Ma io adoro questa disciplina storica, tant' è che in questo periodo sto seguendo un nuovo seminario di studi in vista del lavoro di tesi, ed il mio prof. mi ha assegnato una ricerca relativa all' iscrizione che vedete qui sopra: un titulus funerario di un campione del circo, un conducente di biga morto prematuramente ed autore di numerose vittorie. Questa ricerca mi sta galvanizzando, anche perchè la piccola iscrizione è così densa di informazioni da mandarmi al manicomio... Ma è un sacrificio che faccio volentieri...

Bentornato a me.

venerdì, marzo 02, 2007

Er palo dell'amore


A Roma c'è un ponte. In realtà ce ne sono parecchi, ognuno con le sue caratteristiche architettoniche, con i suoi sensi di marcia, con i suoi spartitraffico e con la classica acqua che ci scorre sotto. Sotto al ponte in questione l'acqua del Tevere ci passa da più di due millenni. I romani lo chiamano Ponte Mollo, ma per l'urbanistica ufficiale è Ponte Milvio. Nomi a parte, questo vecchio ponte è un simbolo della città ed è adibito ad esclusivo passaggio pedonale. Da diverso tempo il ponte è diventato luogo di un evento sociale che ha trovato spazio sui giornali, in televisione e ultimamente anche in un libro con annesso film. Su uno dei lampioni del ponte infatti, è ormai consuetudine da parte degli innamorati attaccare lucchetti che sanciscono simbolicamente l'indissolubilità del loro sentimento. Poi, una volta chiuso il lucchetto ci si sbaciucchia un pò e si getta la chiave dal parapetto che a causa della forza di gravità, prendendo dunque in considerazione la legge fisica che fa parte delle quattro interazioni fondamentali che muovono tutto il cucuzzaro universale, cade dopo uno sbrilluccicante carpiato nell'acqua verde del Tevere. Poi ci si continua a sbaciucchiare, i più innamorati si esibiscono in intense pomiciate e finito il rituale si torna da dove si era venuti. Vedendo il palo dell'amore ci si rende conto che i lucchetti sono attaccati uno con l'altro e che ogni lucchetto riporta il nome dei due innamorati e brevi frasi d'occasione. Ci si può quindi imbattere in Marco+Laura 4ever, oppure in Gianni e Valeria in"z"ieme per sempre, ma ci sono anche dei professionisti che nello spazio di un lucchetto citano Dante con un commovente Amor ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona, anche se Ti amo cucciola e Orsetto mio sono tra le formule più gettonate. Come detto, i lucchetti sono attaccati uno con l'altro e può capitare che si faccia confusione con i nomi. Ad esempio una Marta di Marta e Paolo la troviamo pericolosamente vicina ad un Franco di Franco e Luisa mentre Luisa è quasi sommersa da un Ti adoro della premiata coppia Davide e Serena. Si vengono a creare dei problemi di identificazione della coppia, sorgono dei dubbi di tradimento o di cambi repentini di gusti sessuali. Clamoroso in tal senso è il caso di Ludovico che fu trovato a dichiarare il suo amore a Bruno dopo aver abbandonato Erica e il suo uniti per sempre. Ma c'è anche chi, come Marcello, non trovando l'anima gemella salda per sempre il rapporto con la sua fede calcistica in un poetico A.S Roma nel cuore. Lungo il parapetto del ponte, nei pressi del palo, ci sono poi numerose scritte che seguono lo stesso stile dei lucchetti. Da ricordare un bellissimo Nadia forse ti amo e una tenzone poetica tra due anonimi che inizia con Roberto ti adoro scritto in nero su sfondo rosso e la efficace risposta di un anonimo dialettale che si esibisce immediatamente sotto con uno Sti cazzi strappalacrime. I lucchetti sul palo si moltiplicano di giorno in giorno e ad occhio e croce ci sono più o meno tre-quattrocento chili di acciaio attaccati come un alveare. La preoccupazione per il peso eccessivo ha spinto i vigili del fuoco a fare un controllo sulla stabilità del palo che fortunatamente è risultato di sana e robusta costituzione. Inoltre la storia dei lucchetti è entrata anche nelle aule del XX Municipio di Roma ( e da ciò si evince come nelle suddette aule non abbiano un cazzo da fare ) dove il gruppo dell'Ulivo ha chiesto alla maggioranza di centrodestra ( l'unica maggioranza di destra nei Municipii romani ) di togliere i lucchetti per incompatibilità con il decoro urbano. Nella questione è stato interpellato anche l'ottavo Re di Roma Wolly Ualter Veltroni che utilizzando parole straordinarie, come solo lui sa fare, ha lasciato intendere che i lucchetti possono rimanere lì dove sono e che soprattutto a lui di queste stronzate non gliene può fregare di meno. Purtroppo, la notte scorsa è avvenuto il misfatto, ciò che non doveva accadere, l'evento temuto da decine di amanti. Un gruppo di scapoli invidiosi ha spezzato con delle tronchesi numerosi lucchetti gettandoli nel fiume. Un gesto vigliacco che merita severi provvedimenti. Il XX Municipio intanto ha fatto sapere che è stata aperta una commissione per verificare con precisione quante coppie questa notte hanno smesso di amarsi.

P.S Diversi anni fa lessi sul giornale di una storia d'amore e di lucchetti. Lei non lo amava, lui l'amava troppo. Lei andò con un altro, lui le tirò il lucchetto del motorino. Lei finì al Verano, lui a Regina Coeli.