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domenica, dicembre 31, 2006

Duemilasette incipiente..



... E un duemilasei che si ferma all' ultimo autogrill prima di roncobilaccio. Lo salutiamo con affetto,e gli raccomandiamo di scrivere ogni tanto: noi lo faremo, perchè non vogliamo si senta solo. La compagnia dei fratelli duemila che l' hanno preceduto potrebbe essere anche molto noiosa( tra l' altro, il duemila è estremamente ciarliero: sempre a blaterare di quanto fosse speciale..).

Per il momento, ci risulta che il duemilasette sia in viaggio e abbia appena oltrepassato il valico dell' appennino tosco- emiliano.
Gli raccomandiamo prudenza alla guida, che eviti gli alcolici se non vuole arrivare ciucco a mezzanotte.

p. s.: Speriamo che porti le sigarette.

p. p. s. : Buon anno a tutti, anche a quelli là.. sai, quelli, no?!? Eh, proprio loro!!

venerdì, dicembre 29, 2006

Periodi a caso o quasi..


Anche gli angeli fumano marlboro, diceva quello.. Non di questi tempi. Però fumano con stile, anche nazionali senza filtro.

Ieri ho preso un sacco di freddo, ho avuto un mal di testa bestiale ed ho dovuto ritirare i panni dallo stendino. Non c' entra nulla con l' angelo di pietra, ma chissenefrega.

Oggi, un' allegra compagnia di amici partiva alla volta di barcellona per trascorrere un capodanno diverso in compagnia di higuerra. Avrei tanto voluto essere con loro, ma spero si divertiranno. Anzi, ne sono sicuro.

Domani.. Non so che succederà domani, ma un giorno sarà trascorso, e forse sarò ancora più partecipe del flusso.

mercoledì, dicembre 27, 2006

Tricchetracchetricchettrà...

"Certo che sei imbecille.." , disse senza guardare l' altro negli occhi. La birra cominciava a fargli effetto. " Lo prendo come un complimento", disse l 'Altro, che incominciava a sentire l' effetto dei fumi dell' alcool.." Non hai un minimo di spina dorsale e te ne stai qui ad aspettare che scenda la manna dal cielio oppure il millennium falcon di han solo.. Me fai schifo" , continuava l' uno, con la bocca impastata di amara Moretti, e l' Altro: " Scienti chi parla, dovrescti sciacquarti la bocca con lo sturascessi prima di rivolgerti a me!" Era palesemente ubriaco, ora.. Ci fu silenzio. L' uno e l' Altro cominciarono a ridere, prima in sordina, poi fragorosamente, riempiendo di suoni sguaiati l' aria della stanza.. Le loro risate si accavallarono, si fusero, erano Una sola. Entrambi facevano parte di un' unico soma. I loro pneumata no, ma che importava..

Finchè c' è birra c'è spiranza.

martedì, dicembre 26, 2006

Alka Seltzer



E' passato nell'attimo di scartare un pacchetto, di soffocare nel fritto, di perdere a carte. E' passato e mi lascia un mal di gola ed un ingorgo intestinale, un cappello da uomo e un freddo discreto. E' passato e questo mi basta. Proietto lo sguardo ad altre date e somministrandomi chimiche sostanze di incerta provenienza, attendo speranzoso una digestione liberatoria.

domenica, dicembre 24, 2006

Gelido sarai..

E gelido sei... Freddo maledetto che mi attanagli, Gelida Umbria dal cielo terso...
Tuttavia il mio paesello non [ niente male, con le sue case antiche in oietra rosa di monte che si riscalda al sole... Domani nasce il dio sole, ed io ho soltanto voglia che si corichi presto.. A presto, blogghisti!
Un abbraccio da spello, provincia di perugia..

Manca la cartolina perch[ non so come usare questo pc del cavolo!!!

venerdì, dicembre 22, 2006

Partenze



Iniziarono con un aereo, continueranno con un interregionale.

Ma quando finiscono ste vacanze??

Buona Pasqua a tutti!

martedì, dicembre 19, 2006

Musicando ancora..



C' era un palco, musicisti disposti in ordine sparso ma composto, luci di vario genere e intensità, un pubblico caloroso, un' ottima armonia di gruppo. Ecco la parola chiave: armonia. Quel componente musicale che trasborda e si spande fluidamente a crear intesa tra gli individui. C' era un chitarrista che non suonava da tempo, eppure non si sentiva spaesato: qualche umana incertezza e tanto entusiasmo. Ecco un' altra parola chiave: entusiasmo. In tutto questo non c' è nulla di retorico o di falsamente gaio, soltanto la soddisfazione per una serata indimenticabile sotto vari punti di vista. C' erano in tanti, ed ognuno ha giocato il proprio ruolo alla perfezione. Per questo, ringrazio tutti di cuore.

Chissà che non avremo a ripetere l' esperienza in futuro..

Ad andrea e sara un " grazie" speciale con tutto l' affetto possibile.

lunedì, dicembre 18, 2006

La Super Storia

In tempi oscuri di revisionismo storico, è indispensabile un' analisi oggettiva degli eventi che ci hanno costretto in questa angusta e quantomai irreversibile condizione di smarrimento politico ed ideologico.. Per non dimenticare..

giovedì, dicembre 14, 2006

Budokan


Roger lo incontrai per la prima volta una sera d'aprile del 1979. Lo incontrai in Giappone, a Budokan, al concerto di Bob Dylan. Mio cugino Astianatte, figlio di Ovidio, che poi era il fratellastro minore di mio padre, aveva rimediato i biglietti da un suo amico avvocato di Salerno che a tempo perso faceva il bagarino davanti allo stadio S. Paolo di Napoli. Partimmo il 4 aprile da Piazzale degli Eroi a Roma e arrivammo nel tardo pomeriggio del 21 davanti all'Auditorium di Budokan. Il 22 ci riposammo e il 23 verso le 20.45 entrammo all'Auditorium. Prendemmo posto e fu lì che vidi "Il Drago". Indossava un paio di Jeans neri, maglietta bianca e una casacca gialla. Trotterellava su e giù per il settore B3 dalla fila 32 alla fila 78 scarrozzando il suo banchetto mobile di noccioline, Coca-Cola e Caffè Borghetti. Molti anni dopo, al funerale di mio zio Ovidio, mi spiegò che faceva quel lavoro per pagarsi un corso avanzato in "Roba Letteraria e Filologica" all'Universita di Tokyo. Comunque, prima che Dylan iniziasse a suonare chiamai quell'uomo dalle occidentali fattezze e mi feci dare un Caffè Borghetti. Ci guardammo e capii subito che dietro a quegli occhi un pò così e a quella faccia un pò così c'era un cervello che partoriva idee straordinarie, innovative per il periodo storico e culturale, idee che si proiettavano al futuro con carpiati e piroette. Scambiammo qualche parola, qualche Poscia, un paio di meco e di teco, un guardommi e uno scolorocci interrotto bruscamente da una potentissima bestemmia di mio cugino Astianatte che aveva perso una lente a contatto. Insomma, ci furono rapide battute, un immediato ragionare sulla stessa lunghezza d'onda. Mi resi conto che il mestro che da tempo andavo cercando era finalmente davanti a me e vendeva Caffè Borghetti e noccioline ai concerti. Ci salutammo con la promessa di ritrovarci in Italia. Passarono 13 anni da quella sera, da quella musica, da quell'incontro con il maestro, da quel viaggio lungo, d'Oriente lontano. Passeggiavo per Via Pian due Torri in zona Magliana e fumavo nervoso tentando di ricordare il quattordicesimo verso del terzo canto dell'Inferno, quando una voce mi chiamò. Era Roger, Roger "Il Drago".
- Ciao Roger... - dissi io sperando che si ricordasse di me.
- Ciao Scalia... - rispose con voce gentile.
- Allora ti ricordi? -
- Certo. Budokan, 23 Aprile 1979, concerto di Bob Dylan -
- Già. C'eravamo detti che un giorno ci saremmo incontrati di nuovo -
- Eccoci qua infatti. Ma ora andiamo ragazzo, andiamo a bere una cosa e poi comincerò a spiegarti un paio di cosette che mi ha insegnato la vita -
- Va bene Roger, ma io ti conosco, sei diventato un' istituzione nel panorama culturale in tutti questi anni. Tu di me non sai nulla, a parte il mio nome -
- Ti sbagli, anche io ti conosco, ti ho seguito in tutto questo tempo, so molte cose su di te e so anche che puoi migliorare molto. Ma ora andiamo, ho voglia di mettermi seduto, di bere qualcosa -
- Andiamo si... -
- Ah Scalia... -
- Dimmi... -
- Prima che tu me lo chieda, il quattordicesimo verso del terzo canto dell'Inferno è Qui si convien lasciare ogni sospetto... ed è Virgilio a parlare -
- Ma come facevi a sapere che io.... -
- Ragazzo, ricordati sempre che io sono "Il Drago"... Roger "Il Drago" -

Alfine si suona..



Dopo un anno di assenza, torno a calcare le tavolacce di un palco da musicante.. Ringrazio infinitamente andrea gentili per questa occasione, e spero non abbia a pentirsene.. Lunedì sera proverò di nuovo l' ineffabile sensazione di una strato caricata a pallettoni valvolari e l' emozione della sinergia di gruppo. In bocca a lupo a me!

lunedì, dicembre 11, 2006

Te piase 'o presepe??


Fare il presepe è un atto creativo, e forse è per questo che sento così tanto la mancanza di questa consuetudine cattolica. Creare uno scenario per la nscita del cristo non è cosa da poco, come non lo è disporre tutte le statuine nel posto giusto: si potrebbe obiettare che ogni presepe sia una arbitraria ricostruzione di un contesto storico dai contorni ambigui, ma d' altronde la storia è fatta di piccole sfumature, laddove le fonti siano poco attendibili. opuure si può vedere il presepe come un microscopico tentativo di elaborazione teatrale: ogni personaggio al suo posto, le comparse sempre adeguatamente collocate sullo sfondo, e non manca una discreta attività cinetica laddove l' artefice voglia consentire ai figuranti di coccio( o di plastica) di avvicinarsi progressivamente al luogo dell' agnizione finale, dove il deus( è il caso di dirlo) ex machina si rivela e risolve la situazione.

Mi manca tanto il muschio vero che spande quel fresco aroma peculiare, e la figurina anacronistica del caldarrostaro.

Mah...

venerdì, dicembre 08, 2006

Noir


L'arco temporale pomeridiano è stato di fattura cartacea, libraria per la precisione. Acquisti mirati ed economici. Noir. Mi piacciono i noir, lo confesso. Mi piacciono le descrizioni delle scene degli omicidi, le figure stanche e fumose degli investigatori, mi piacciono le battute taglienti. Mi piacciono le copertine con il rosso e il nero e mi piacciono gli incipit che ti cacciano con una spinta dentro alla storia. Mi piace anche la pasta con il pesto alla genovese, ma quello è un altro discorso. Dicevo del pomeriggio librario. Sagra della piccola e media editoria, affluenza elevata nel giorno di festa e frequenti scie di vapori ascellari con rari ma efficaci innesti di chimici aliti. Mariti tristi, mogli intellettuali ed intellettuali barbuti che tra una pagina e l'altra buttano l'occhio sul culo delle mogli dei mariti tristi. Cultura a domino o dominio della cultura, mi rendo conto immediatamente che il tasso di fica è superiore alla media prevista e me ne rallegro. Sollazzato, ma con aria da fine intenditore libresco mi addentro e infilo la capoccia tra scaffali, bacheche e cataloghi. Mi scontro con la variegata offerta editoriale. Si spazia dalla narrativa al saggio storico, ci si intenerisce con la letteratura per bambini e si viaggia con la mente grazie a guide turistiche di ultima generazione, ci si aggiorna con la collana dedicata alle nuove strategie di marketing, si assapora la tradizione con libri illustrati di cucina calabrese e si abbraccia l'impegno sociale con le edizioni dedicate a tutti i personaggi storici che fanno "alternativo". Poi c'è il caffè letterario con i tavolini, il pianoforte, l'attore che declama e la folla che per l'occasione o per i 5 ( cinque ) euro del biglietto d'ingresso, munitasi di una improvvisa e straordinaria sensibilità, annuisce e commenta sottovoce senza capire una parola del testo che si sta leggendo. I professionisti del sensibile riescono addirittura a commuoversi con lacrime di sangue versione Madonna di Civitacchia e con le gambe accavallate plaudono pensierosi e carichi di emozione.

Io, per quanto mi riguarda, evito il pappone intelletualpoeticopiacionico e mi butto sui noir, che qualche morto ammazzato e un paio di vaffanculo-figlio di puttana-ti faccio un altro buco nel culo, ogni tanto ci stanno bene.
Bang.

martedì, dicembre 05, 2006

Fluido

Non era un ritorno, non era una partenza.
Si ripeteva questo, piu' e piu' volte, camminando a passi posati e sicuri, su quei marciapiedi che ormai conosceva bene. Cercava di farsi spugna, assimilare e assorbire ogni cosa, tutto quello che passava. I volti delle persone, le facciate dei palazzi, anche quelle piu' insignificanti, le vie illuminate in giallo, come se tutto dovesse essere scannerizzato e rielaborato nel magazzino della memoria. Nel futuro prossimo, sapeva cosa lo avrebbe aspettato, ma non sapeva quanto sarebbe durato. Ed era questo forse che lo spaventava sul serio.
In quello strano autunno caldo, con il freddo che giungeva soltanto a sprazzi, gli rivenne in mente un giorno di quasi estate. Non era stata una partenza, di certo non un ritorno, visto che era la prima volta che sbarcava in quella citta' (fatta eccezione per un breve passaggio ferroviario un paio di anni prima). Ricordava il caldo inaspettato, l'odore dei luoghi che non si conoscono, il suo (futuro) amico che era venuto a recuperarlo con una carcassa di macchina che sarebbe crepata di li a poco, la prima volta che era entrato in quella casa piena di luce. E come in una cascata, le immagini precipitavano nella sua mente. Troppe per quella giornata, ne avrebbe avuto di tempo per dedicare loro un sorriso. A quelle foto, alla gente che aveva conosciuto troppo in fretta, ai giorni che sembravano anni, ed ai mesi che erano scivolati come secondi, come polvere, in un attimo.
Ma non era un ritorno, neanche una partenza. Tutto gli sembrava estremamente fluido, non aveva piu' voglia di dare definizioni. Era un periodo difficile, questo si'. Sarebbe passato.

lunedì, dicembre 04, 2006

Tarareando


Roger mi chiama nel mezzo di un domenicale pomeriggio e mi propone un incontro. Chiedo il dove e il quando, ma il quando è troppo presto per arrivare al dove e rendo noto il mio dubbio. "Il Drago" dal canto suo mi prega cortesemente di non rompere i coglioni e di raggiungerlo. Mi vesto, esco e vado. Dopo un andare durato trentasette semafori rossi arrivo al dove. L'insegna al neon suggerisce il titolo del posto: " Tubinga Pub ", ma l'insegna è vecchia e tendenzialmente fulminata così mi ritrovo al " T bi g ub ". E così sia penso io. Le etichette non contano, l'importante è il contenuto e così entro e mi accorgo che il contenuto è all'altezza dell'etichetta. Le maioliche bianche e blu formano sul pavimento una guida che, partendo dall'ingresso, gira sinuosa ed unta attraverso i relitti di tavolini in legno fino alla porta del cesso. Le pareti, bianche con sfumature in giallo, accolgono foto, dipinti, ritratti e la locandina del film " Vacanze romane ". In fondo, verso una direzione, un bancone e una vetrata che offre alla vista del cliente uno spicchio di cucina. Poi, seduti ad un tavolino ci sono due uomini. Uno è Roger detto "Il Drago", gambe accavallate, occhio chiaro ed indagatore, capello liscio in costante diminuzione. Di fronte a lui mi mostra le spalle inglobate in una giacca di lana a quadri un uomo che non conosco. Roger mi vede, mi fa cenno di avvicinarmi e prende una sedia libera portandola vicino alla sua. Mi invita a sedere e mi fa:
- Ciao ragazzo, ce ne hai messo di tempo -
- Ciao Roger, te l'avevo detto che il quando e il dove erano difficili da conciliare -
- L'importante è che ci sei. Ti presento un amico, un vecchio amico. Caro Scalia lui è il maestro Aldo detto "Il Manuzio" -
Mi allungo sul tavolino e tendo la destra - Piacere, Scalia -
- Piacere, Aldo. Roger mi ha parlato di te qualche volta. Ti facevo più alto -
- Prego? -
- No lascia stare Scalia, Aldo scherza sempre - interviene Roger
- Ah... simpatico - mi sento di aggiungere
- Ragazzo, ti ho chiamato perchè ho capito finalmente cosa devi fare - dice Roger
- Ti ascolto -
Nel frattempo Aldo butta giù mezzo bicchiere di Bitter rosso concedendosi uno sbuffetto dolciastro con rigonfiamento di guance e pugno chiuso davanti alla bocca.
- Allora.... - inizia Roger con tono paterno - Ragazzo mio, tu non hai capito un cazzo -
Mi sembra un ottimo inizio penso io.
- Non hai capito l'importanza dello sguardo, del gesto, del segnale corporeo. Devi capire quale momento sarà degno di far dar cornice alle tue parole. Ricordati che per una volta quelle parole non saranno scritte, ma le dovrai favellare quindi cerca di non impappinarti come un coglione. E poi sorridi perchè se sorridi è meglio -
- Non è una motivazione Roger... -
- Lo so, ma volevo dirlo lo stesso. Comunque, ricorda che le parole devono essere una musica, scegli le più belle e per una volta in vita tua togliti di dosso quella paura di avere coraggio -
- Hai ragione. Credo che tu abbia ragione Roger -
- Ho ragione si per dio! - piccola alterazione di Roger che però si calma subito e sorseggia un goccio di prosecco friccicarello.
- Oppure... - prosegue "Il Drago" - ricordati di quella musica e di quel canto senza parole che ascoltavamo in macchina qualche tempo fa e fai danzare su quelle note ciò che devi dire -
Aldo sottoscrive le parole di Roger con un altro sbuffetto alcolico e sorride contento.
- Ed ora vai e chiamami quando hai fatto quello che avresti dovuto fare parecchio tempo fa - Roger accenna un sorriso, mi da una pacca sulla spalla e mi guarda come un padre premuroso e severo. Lascio Aldo e Roger ai loro aperitivi, salgo in macchina e nel ritorno di trentasette semafori rossi penso alle parole giuste. Poi mi dico che pensarci è inutile, quelle usciranno da sole e se gli dei mi assisteranno saranno belle come quella musica.

Dilemmi on the road..


Quante macchine puoi contare? Uno, due, dieci, cento, due milioni... Puoi enumerare tutte le targhe, fare giochi assurdi ricombinando cifre e lettere nella speranza che esca fuori la formula risolutiva della tua giornata, oppure l' ingrediente segreto della coca cola, oppure uno dei 5 milioni di nomi di Dio... Puoi osservare le facce scure dentro gli abitacoli, giallognole per salute malferma, verdi per la rabbia, consunte per una lunga giornata del cazzo, puoi squadrare il mattacchione che sobbalza al suono di una " master of puppets" sparata a cannone dai suoi altoparlanti... Puoi fare tutto questo, ma quando hai finito le sigarette in macchina, in mezzo al traffico della casilina, ti voglio proprio vedere!!

giovedì, novembre 30, 2006

Documento Originale

Di PEPPINO CORONA:

Quella mattina per la prima volta si rese conto che il suo umore era identico a quello che aveva il giorno prima e tutti i giorni precedenti, anzi pensandoci bene erano mesi che si svegliava con la stessa sensazione d’inutilità. Si ritrovava sempre più spesso a fare un bilancio della sua vita e il risultato era ogni volta lo stesso: un gran casino. Che cosa incredibile era ricordare volti e nomi di persone conosciute tanti anni prima e non ricordare il nome di una persona incontrata solo da pochi giorni. Allora insieme ai nomi ritornavano alla mente fatti, situazioni vissute ed erano sempre momenti dove lui aveva un ruolo negativo, comportamenti sbagliati, decisioni che poi si sarebbero dimostrate pessime. Ogni volta che un episodio gli ritornava alla mente il suo corpo era scosso da un brivido, era un attimo, una sensazione sgradevole, ma inevitabile. Quel giorno svegliandosi prese una decisione. - Basta, cavolo è possibile che non abbia mai fatto una cosa positiva, piacevole da ricordare - Tolti tutti quelli che lo consideravano uno stronzo, e francamente non erano pochi, si chiedeva se c’erano delle persone che gli avevano voluto bene, che avevano avuto un’opinione positiva di lui. C’erano? Si, ma poche. - Basta! Mi sono rotto! - Questa fu la conclusione di quel cambiamento di tendenza e prese un’altra decisione, l’ultima, quella definitiva, quella che gli avrebbe tolto di dosso quella maledetta sensazione di ultimo della classe, di perdente cronico. Il suicidio. Si fa presto a dire suicidio, ma come togliersi la vita? Sotto un treno? E dove lo trovo un treno pensò, la metropolitana… no, spiaccicato sui binari, con decine di persone che fanno tardi al lavoro per colpa mia. No, il treno no. Un colpo di pistola alla testa, ma lui non aveva una pistola.Impiccato, una corda si trova, anche una trave, un tubo, ma poi si ricordò di aver letto che gli impiccati spesso nel momento del trapasso si pisciano sotto. Ancora una brutta figura, scartata l’ impiccagione. Il gas. Indolore. Passi dalla vita alla morte senza accorgertene, ma poi un testimone di Geova qualsiasi suona il campanello di casa e tutto il palazzo viene giù, decine di morti, feriti e da suicida diventi anche stronzo. Niente gas. Il taglio delle vene. Basta una lametta, ti sdrai nella vasca da bagno la riempi di acqua calda e come aveva visto in un film immergi i polsi nell’acqua e tagli, così non senti neanche il dolore e il gioco è fatto… Però non aveva la vasca, aveva un box doccia piccolissimo e poi tutto quel sangue sai che impressione. No, niente tagli. I barbiturici. Un sacco di gente si ammazza con i barbiturici, ma non sapeva cos’erano e allora andò a guardare su un dizionario. Barbiturico: s.m. Composto velenoso, derivato dall’acido barbiturico, impiegato in piccole dosi come sedativo e ipnotico. Allora pensò che per comprarlo serviva una ricetta. Scartò anche questa ipotesi perchè il suo medico non gli avrebbe mai prescritto dei barbiturici. Il suo era un medico strano. Che cosa complicata il suicidio, pensò. Quella mattina prese l’ennesima decisione, questa volta veramente l’ultima. Si fece la barba, una bella doccia calda, indossò i pantaloni preferiti, la camicia preferita, il maglione preferito e si mise le scarpe belle, quelle che non indossava quasi mai per non rovinarle. Uscì. Era una bellissima giornata e il sole e il vento leggero gli ricordavano la Sardegna. Ecco, già un ricordo piacevole. Era sulla strada giusta, quel ricordo ne chiamò un altro, una spiaggia isolata, una donna, una giornata indimenticabile. Prese la metropolitana senza gettarvisi sotto, scese a Piazza di Spagna, si sedette sulla scalinata e si accese un sigaro. Guardò con soddisfazione le sue scarpe e passò la giornata ad osservare le ragazze che salivano e scendevano la scala. Erano tutte affascinanti e decise che tutto sommato la vita era bella e dimenticò tutti quegli stronzi che lo consideravano uno stronzo. Pensò che qualcuno sicuramente lo amava e questo gli bastò per farlo sorridere. Perso nei suoi pensieri riguardò le sue scarpe e si disse che una cosa buona l’aveva fatta. Aveva comprato le più belle scarpe del mondo.

mercoledì, novembre 29, 2006

buone impressioni


Un' antenna non fa primavera. Però sta zitta e a volte tanto basta. Soprattutto quando sei sereno..

Forse ogni tanto fa bene fissare lo sguardo sull' indice, piuttosto che indirizzarlo alla luna( o al sole che tramonta, è lo stesso..)

lunedì, novembre 27, 2006

Prospettiva Heidelberg



Heidelberg l'avevo vista in tanti modi: di giorno, di notte, col sole, la pioggia e la neve. Già, la neve. Erano belle le case, era bella la biblioteca dell'Università, il Castello; era bella la Hauptstrasse, l'Università antica, il quartiere italiano che di italiano aveva solo il caffè e qualche sillaba ballerina in mezzo alla folla. Era bello il Ponte vecchio e il Neckarwiese, il Caffè Moro e il Jazz che ci suonava dentro a tutte le ore. Era li che trascorrevo i miei pomeriggi tra una tazza di thè un posacenere e un libro. Ogni tanto guardavo quel pezzo di strada delimitato dalle vetrine natalizie...la neve scendeva e io mi fermavo a guardarla perchè vederla scendere era un piacere e poi perchè l'atmosfera chiedeva un uomo pensieroso, uno sguardo fisso nel vuoto e una sigaretta in bilico su un posacenere. Un atmosfera degna di un Sammy Lucchetto tanto per intenderci. Un giorno Sammy sorseggiò anche lui un thè caldo su uno dei quei tavolini...per rispetto il boss del locale espose il tavolino e non lasciò che più nessuno vi si avvicinasse.
...tra qualche giorno tornerò nella mia bella Heidelberg. " Thee bitte"..." Gerne"..."Danke sehr".

chi l'ha visto? (de Cannucciaris)


se l'era preso l'amore, se l'era acchiappato la gioia.
a gambero era tornato sui passi passati nella ricerca di lei, li aveva guardati, li aveva strizzati come si fa con le olive. il succo amaro era uscito a gocce battenti, il buono era finalmente arrivato. Ora:
al posto del nero lo sparo, al posto del pianto l'incanto, in luogo del vizio l'inzio dal principio.
Tutto nuovo, tutto da capo, tutto intimamente meritato.

p.s. bella er cannù, i fratelli di rvs 29/9 ti augurano un buon risveglio di vita.

domenica, novembre 26, 2006

I quattro madrigalisti moderni

Piccolo omaggio a Philippe Noiret e al secondo capitolo di una indimenticabile trilogia.. Tu sai qual' è, tu sai com' è, tu sai pecché..

sabato, novembre 25, 2006

Salt Peanuts



E allora Freddy mi guarda e mentre disintegra la settantaduesima nocciolina mi racconta di una storia. Io sorseggio, lo ascolto e sorseggio di nuovo. Poi alza lo sguardo, mi fissa e dice che dobbiamo smetterla con questo bianco e nero da locale. Io rispondo che ha ragione, ma che il bianco e nero è più affascinante del colore e che non tutti se lo possono permettere. Poi butto tra le carcasse delle noccioline la tesi consolatoria. I nostri pensieri in bianco e nero dedicati ad anime troppo indaffarate sono troppo belli per sprecarli senza avere in cambio una risposta, un gesto, un discorsetto di circostanza. E allora dico a Freddy che per stasera rimaniamo a colori, rimaniamo nella normalità, il bianco e nero ce lo teniamo per le grandi occasioni o più semplicemente per quando ne vale la pena. Allora Freddy fracassa un'altra nocciolina, prende il suo bicchiere e brindiamo a qualcosa che non abbiamo ancora capito. Ma intanto brindiamo e beviamo perchè la birra da queste parti è veramente buona.

venerdì, novembre 24, 2006

Evergreen

Il mio primo video post doveva necessariamente essere qualcosa di memorabile. Per la gioia di grandi e piccini!

giovedì, novembre 23, 2006

Au revoir



Finché saremo capaci di sorridere e di imprecare, finché guarderemo al mondo come ad un inesauribile vortice di occasioni, ( anche se un pò stronzo), finché ci capiremo senza bisogno di un interprete aramaico o di un intermediario dei servizi segreti, finché i piedi ci reggeranno e passegggiare per chilometri non sarà un problema..

Qui dovrebbe intervenire il periodo principale, ma credo che vada bene così. Mi piacciono le subordinate fine a sé stesse. Questa, in particolare...

martedì, novembre 21, 2006

Ordine e progresso


Ci sarebbe da sconfinare un po'. Barcellona sa essere minuscola, quando vuole.
Prendo il treno e vado all'Autonoma, a seguire dei corsi, tanto per.

Fingermi studente mi aiuta a riprendere confidenza coi libri.
La linea S2 attraversa scenari suggestivi. Il cielo ancora limpido della Ciutat e dintorni ci mette del suo. Sembra che l'inverno da queste parti non debba arrivare. All'università tutto è sterile, quadrato. (Spesso gli atenei somigliano agli ospedali.) Seguo un seminario di Roman Gubern sul cinema d'essay. Parla di Rossellini, dice cose che ho già abbondantemente ascoltato altrove. Poi mette su un documentario, sempre su Rossellini, e anche quello dice cose che ho già abbondantemente ascoltato altrove. Il DVD si inceppa, per fortuna. E allora vado a mangiare alla mensa. Ospedaliera. Con Aitor, Olga, Sebas, altri ragazzi e ragazze più o meno catalani.

Lavorare mi restituisce il senso delle pulsioni primarie. Me lo restituisce nella misura in cui non me lo chiedo affatto, il senso delle cose.
Ci sono pulsioni che devono vedersela con tediose complicazioni socioculturali, e vabbè.
Ma insomma, quando ho sonno dormo (a volte poco, a volte troppo), quando ho fame mangio, quando ho sete bevo, quando devo andare al bagno, vado. Faccio cose, suono con uno o due gruppi, vado in biblioteca a studiare, esco, vedo gente, fumo, bagordi, discoteca, cene, una fresca, una frasca. Poi suona la sveglia, e faccio la capriola, e riparto. Il lavoro è una pausa, è il momento del defrag. Ne esco ogni volta esausto ma sempre di buon umore. Non vorrei avere più tempo, in fondo. Ne ho sempre avuto tanto da non sapere cosa farmene.

lunedì, novembre 20, 2006

I massimi sistemi



Quando l' idea si concilia con la sua materializzazione oggettiva, il soggettivo si eleva a sistema. L' oggettivazione del trascendentale passa per le impervie strade di una cucina a gas..Non vuol dire nulla, ma dovevo pur trovare una frase ad effetto per giustificare l' ineffabile apporto e supporto esistenziale del caffè mattutino accompagnato da una bionda. Scalìa cantò, Le Cannu immortalò iconicamente e quasi stornellando..

domenica, novembre 19, 2006

Conflitti generazionali

(foto che il server non mi carica di Frank Zappa al bagno. Disponibile all'indirizzo http://imagecache2.allposters.com/images/2/Posters/PR3058.JPG )

"vabbè vado a pisciare e quando torno mettiamo le voci".Così ho detto e così ho fatto.
Seasun, il fonico del Forte Prenestino, è un gran professionista, lavora con serietà e sa tirare fuori da ogni strumento quello che prima del suo intervento probabilmente neanche c'era. Il suo studio sta proprio all'interno del Forte, un centro sociale sgarrupato, sporco ed abitato da gente neanche troppo cordiale. Pare che al Forte 20 anni fa non ci si potesse neanche avvicinare per via della incazzosa comunità punk che lo abitava. Oggi le cose sono cambiate e di molto, anche se alla cucina sociale servono ancora solo cibi coltivati/allevati biologicamente.
Sta di fatto che intorno alle 18, dopo 6 ore di copia e incolla, di missaggio e mani nei capelli, arriva il momento di cantarci sopra a sta canzone (che fa più o meno "titi, la la la, bum bum bum"). Come accade spesso però, proprio quando è il tuo turno, scatta il momento del bisogno ed ai bisogni, si sa, non si può dire di aspettare; è questo che li rende diversi dai desideri che invece hai voglia quanto possono attendere. E quindi, tornando a noi anzi a me, mi avvio zoppo zoppo verso il bagno che si trova, mi dice Gianantonio che ha un fratello in bass'Italia che fa l'olio e che c'ha pure il frantoio suo, in fondo a destra, dopo il palco. Mi precedono due ragazzi, che mi fanno strada e che è evidente sono molto più esperti di me nell'antica arte di andare al bagno nei centri sociali. Entriamo tutti e tre e quello che vediamo è il solito spettacolo all'italiana: quel bagno è un cesso, con in più solo due orinatoi. I due amici vanno, pisciano, e scambiano quattro chiacchere. Uno però è un pò più lento dell'altro e così succede che si libera una tazza ed io mi fiondo perchè me la sto facendo sotto. Il mio scompartimento è lurido, con fanghiglia in terra ed una scritta in prossimità dello sciacquone: "anche se tirate la catena non vi cascano le mani".
Non mi lascio intimorire però, faccio del mio e la butto tutta fuori; devo cantare in fondo e non posso avere liquidi che mi si muovono dentro. Vai, la faccio alla grande e mi tolgo un gran peso dallo stomaco (in senso figurato). Mentre sto per ricompormi però sento quello nel gabinetto accanto che canticchia una canzone che ha dello straodinario. La musica faceva più o meno ti ti ti, la la la bum bum bum, dunque non proprio qualcosa di originale. Nel testo tuttavia mi è sembrato di ravvisare tracce di una poetica estinta, echi di un antico ergersi degli artisti a moralizzatore del globo, briciole di una sensibilità alata che sorvola i tetti della ragionevolezza. Dice "vojo un fio peggio de me così almeno je meno".
Carico di questo insegnamento scarico tirando la catena: il fatto che sia qui a scrivere è dimostrazione che non provochi, come sostenuto in precedenza, la caduta delle mani.
La scena finisce con io che torno da Seasun, canto tutto con molta imprecisione e mi incazzo con me stesso di brutto.
"poco male" alla fine calmandomi penso "tanto ho intenzione di avere figli"

venerdì, novembre 17, 2006

Carpe Diem


Quel giorno Juan si era svegliato ricordando l'epressione di una donna che aveva amato tanti anni prima. Si chiamava Rosa e lavorava come cameriera in un ristorante frequentato da vecchi puttanieri e da qualche passante mal capitato. Era li che l'aveva vista per la prima volta e non passò molto perchè quelle sue forme agili e snelle divenissero una droga, un dipinto di incredibile grazia in cui riposare lo sguardo dopo giornate di duro lavoro. Non vinse mai la timidezza e il rossore che, ad ogni sguardo, insidiava le sue gote tradendo l' apparente indifferenza della sua espressione. E fu così che il desiderio di quella donna rimase sconfitto dallo scacco del tempo e della timidezza.
Juan aveva amato il suo modo di fare e la leggerezza che muoveva ogni suo passo, il desiderio di vederla arrivare e la sua espressione curiosa e felice.
A tutto questo pensò quel mattino sorpreso da un brivido e dal respiro profondo di sua moglie; raggomitolò le gambe e chiese all'alba di lasciargli il tempo di sognare.

giovedì, novembre 16, 2006

Semplice parlare



- Ramon, pensavo a quello che mi hai detto l'altro giorno... quella storia sul fiore e sulla merda -

- Ah si... bel ragionare -

- Esatto. Stavo pensando che ogni volta che parli usi degli ossimori che mi lasciano proprio stupito -

- Eh già... -

- Ramon... -

- Eh? -

- Tu lo sai cos'è un ossimoro? -

- No. Però conosco bene l'odore dei fiori e la puzza della merda. Credo che possa bastare... -

- Si. Penso di si -

mercoledì, novembre 15, 2006

La stanza del figlio



Riflettendoci bene, non si trattava di un' operazione complessa. Bastava spostare una libreria ingombrante verso la camera da pranzo e sostituire quello spazio ormai vuoto con una scrivania. Soltanto l' altro ieri, mio padre mi ha fatto una sorpresa, effettuando questo significativo cambio di mobilia in quella che ormai è divenuta la mia stanza, dal momento che la mia sorellina si è trasferita altrove. Sembra una stupidaggine, ma non avere uno spazio che sia tuo, che ti consenta di avere tutte le tue cose sott' occhio e di organizzarti come vuoi al suo interno, è allucinante. Se non hai la possibilità di rifugiarti in un " luogo sicuro" all' interno delle anguste mura di casa, non hai intimità, ergo non sei libero. Io non ho mai avuto una stanza che potessi considerare " mia": quando abitavo a Roma mi barcamenavo tra due grandi sale, nelle queli avevo disseminato le mie cose. Qui ad Ostia, visto che l' abitazione era troppo piccola per quattro persone, avevo rinunciato volutamente alla mia dimensione personale. Ed ora, invece, la svolta. E' questione di attimi, e nel giro di poche ore ti ritrovi ad avere il sorriso sulle labbra per una minuzia grande come un condominio. Passerei ore soltanto appoggiato sul pianale della scrivania a guardare il soffitto...

domenica, novembre 12, 2006

Di domenica

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior

F. de Andrè

Si era svegliato ed era di domenica. La testa bruciava, il caffè aveva smesso di essere caldo e fuori pioveva un autunno grigio. Era un giorno di riposo, di musica soffusa, di Thè alle 17.00 e di sigarette a colazione. Ragionava sul prossimo futuro e come spesso gli accadeva si ritrovò a veleggiare tra le immagini di un passato in bianco e nero. Per una strana alchimia di profumi, visioni e probabilmente di sbalzi ormonali, gettò il suo sguardo al ricordo di Genova. L'aveva vista d'autunno, qualche anno prima. C'era arrivato con un treno, all'alba. Ricordava il sapore delle strade, l'odore del Porto Antico, si guardava camminare tra i Caruggi. Poteva ascoltare ancora il dialetto, gli iati, i dittonghi, quel parlare che assomigliava ad un canto d'Arabia e di Portogallo. Non era bella Genova, ma si faceva amare, si lasciava penetrare e come la più straordinaria delle puttane non aveva vergogna di raccontarsi.

Il ricordo di Zena lo aveva colpito in quella domenica anonima e di riposo ed era contento di rivedere nella mente quelle immagini. Pensava che sarebbe stato bello svegliarsi ogni mattina e ricordare un viaggio sorridendo ad una finestra che dava sulla pioggia d'autunno.

venerdì, novembre 10, 2006

giovedì, novembre 09, 2006

Memory slidin' away..



" Father, yes, I am a prisoner
Fear not to relay my crime
The crime is loving the forsaken
Only silence is shame

And now I'll tell you what's against us
An art that's lived for centuries
Go through the years and you will find
What's blackened all of history
Against us is the law
With its immensity of strength and power
Against us is the law!
Police know how to make a man
A guilty or an innocent
Against us is the power of police!
The shameless lies that men have told
Will ever more be paid in gold
Against us is the power of the gold!
Against us is racial hatred
And the simple fact that we are poor

My father dear, I am a prisoner
Don't be ashamed to tell my crime
The crime of love and brotherhood
And only silence is shame

With me I have my love, my innocence,
The workers, and the poor
For all of this I'm safe and strong
And hope is mine
Rebellion, revolution don't need dollars
They need this instead
Imagination, suffering, light and love
And care for every human being
You never steal, you never kill
You are a part of hope and life
The revolution goes from man to man
And heart to heart
And I sense when I look at the stars
That we are children of life
Death is small"

Joan Baez, " The ballad of Sacco & Vanzetti"

mercoledì, novembre 08, 2006

Idraulici tentativi

Genuflesso tra un cesso ed un bidet, tentava con la destra appositamente attrezzata di stringere un non meglio identificato e sovversivo bullone, ritenuto artefice di una perdita lieve ma quantomai inopportuna. La sinistra tesa ad arpionare il bordo del sovracitato cesso scivolava lenta mettendo a repentaglio la buona riuscita della missione e la buona salute del di lui cranio. Sentiva l'attrito venir meno, lo sguardo perso in un punto di ceramica dove una crepa delicata e timida regalava un tocco di vissuto. Il pappagallo beccava a vuoto lanciando metallici canti di ferro contro ferro, poi toccava punti in maiolica e la tonalità scendeva sensibilmente. In controcanto e perfettamente intonato rispondeva puntuale la voce bassa dell'improvvisato idraulico contorsionista con composizioni di bestemmie dove le dentali e le labiali venivano pronunciate con maestria da doppiatore. Il volto ormai schiacciato tra pavimento e parete consegnava l'immagine di un uomo che si domandava senza risposta il perchè di quel tentativo. A chi fosse entrato in quel momento nell'antro di igienico servizio, un profilo di culo si sarebbe palesato in posizione provocatoria. Inutile lo sforzo di arginare il flusso, faticosa e vana l'imbarazzante postura, nell'attimo di decisione, di abbandono e di sconfitta per manifesta inferiorità, udì uno spalancarsi di porta, uno spostamento d'aria che suggerì la presenza di un curioso. Una voce di madre sorpresa porse il legittimo quesito.
- Ma che stai facendo? -
- Tento. Ma ti prego, lasciami solo... -
- Fa un pò come te pare. Io chiamo l'idraulico... -
Alle parole della materna figura, si abbandonò all'evidenza dei fatti lasciando la presa con la sinistra. Adagiò la mole sul maiolicato, rilassò muscoli sconosciuti e rise di un'incapacità evidente. Si voltò e scorse il tappo del dentifricio dato per disperso la sera prima. Lo agguantò smorzando la sensazione di sconfitta e si rialzò sbuffando. Il busto ancora piegato, l'occhio che tornava alla luce e una straordinaria quanto improvvisa scossa occipitale. Dimentico del pensile in legno a lui perpendicolare non trovò la forza di sillabare ingiuria o sproloquio. Portò due dita a verificare la presenza di sangue sul punto d'impatto e finalmente fu in piedi. Guardò il cesso, gli sembrò di udire lontana e beffarda una risata gutturale, di tubatura. Decise un ultimo, definitivo gesto. Si slacciò, prese la mira, pisciò di gusto e se ne andò senza scaricare.

martedì, novembre 07, 2006

Elogio della Follia


" Wendy, Tesoro, Amore. Della Mia. Vita....

Ti giuro che non ti faccio niente.. Soltanto, quella tua testolina,

IO TE LA SPACCO IN DUE!!! "



Jack Torrance, custode dell' Overlook Hotel.

lunedì, novembre 06, 2006

distorsioni e misunderstandings( se piace a me..)


Uno dice: " Da un grande potere deriva un grande senso di colpa.. "

L' Altro replica: " Ma tu non hai nessun potere!"

Dunque l' Uno risponde: " Allora rimane solo il senso di colpa.. per giunta unito ad un gran mal di testa!"

domenica, novembre 05, 2006

Le Lune di Giove





Dopo due anni di assenza dalle scene, sono tornati.. Approfitto del mio blog per ringraziarli, da 12 anni fanno parte a vario titolo della mia vita e il mio affetto per loro e grandissimo! Continuate così, ci rivediamo il 16 dicembre, sperando che il buon Alberto Recchia ci onori della sua presenza! Per chi volesse conoscere meglio i Jupiter' s moon, vi linko il loro sito: www.jupitersmoon.it

sabato, novembre 04, 2006

Recinzione de " Fascisti su MMarte"


Nzomma com'è e come nun è, ce sta sto razzo che sfreccia nello spazzio mentre in sottofondo na voce a bordo campo aricconta de 'sti fascisti che s' ereno messi in testa de annà su Mmarte pe' daje un pò de colore negro pure che li negri je staveno sulle palle. Un sacco de luci e de colori pizzichedelici nella sigla che rimandano a 'na certa filmaggiografia de Adissee nelli spazzi ce illùmineno sulla condizzione pizzicotrofica de li protagonisti che s' ereno fumati l' impossibile, anche perchè sennò come facevano a trovà er carburante giusto dar momento che er razzo nun se capisce bbene come vola? Daje che t' aridaje sto cannone gigante de metallo se schiantà sulla sabbia, ed ecco che escheno fori sti tizzi vestiti da arbitri- se capisce bene 'na certa satira verso un campionato de merda che s' è risorto in una balla spazziale. Ce sta er capoccia Barballi che je rode sempre er chiccherone, forze perchè c' ha dei trascorsi brutti anche se nun se vede ma se capisce da certi rimandi a capoccioni volanti e a pupazzi che se riallacciano all' infanzia negata. Anfatti sto tipo c' ha certe Madonne, ma certe Madonne che le vede solo lui. Poi ce sta un regazzino disadattato che gioca sempre a pallone- come nun ricordare il calcio negato, i mondiali persi dall' itaglia pé 'na incapacità abbissale de affrontà la realtà che i carci de rigore nun li sapemo tirà- , c' è uno brutto che nun se capisce se c' ha 20 anni oppure 50 che c' ha la fissa della briscola ma fa male gli schemi e je viene fòri un 5- 5-5 che lo fa impazzì; poi c' è uno che je piace la bella vita e se la fa con le marziane prima della finale, ce ne stà n' antro che nun parla mai e penza alla donna che sta a casa a guardallo in televisione e perciò je viè da piagne. Infine c' è uno cicciottello che prima è bianco, poi diventa negro, un omaggio al trasformismo del calcio e un' amara nota de autarchia che ce fa capì quanto è importante puntà sulla primavera della Roma. Questi qua inzomma cercheno de comannà su li serci, li pijano a carci, li butteno in rete, ma nun è che la partita s' arisorva un granchè, fino a cchè nun arivano quattro scosciate de drive in cò la cuccumella in testa che cercheno de faje capì che prima der derby ce se pò pure divertì, basta che se lasci pede la pleistescion e i superarcolici. Allora a sto punto succede un bordello, forze una metafona della promiscuezza sessuale: uno se fà frate( e qui un riferimento all' assenza dei valori cattolici ner Carcio), un 'artro scappa cor sasso, allagorìa de la fuga in classifica der milan, mentre er regazzino cor Negro e er matto se danno co' le cavallone, forze un ritorno ar passato sull' astronave der consumismo anni '80 che però ce riporta a scudetti indimenticabbili.. Dallo che t' aridallo, er capoccia rimane da solo sulla sabbia cor rodimento de chiccherone che, è proprio er caso de dillo, è alle stelle, fossilizzato in una concezione der carcio che è rimasta all' anni 30 che vabbè che regalarono un grosso scudetto alla maggica, però te fanno riflette. un fim amaro, crudo, dove se ride pe' nun piagne,, anche se c' è da di che li colori dominanti giallerossi je danno una nota de prestiggio...

Grazie a Lorenzo Ghezzi e a Johnny Palomba per le lezioni di stile..

venerdì, novembre 03, 2006

Amarcord?


I ricordi sono strani,imprevedibili, spesso fumosi e distorti. Ma ci sono dettagli che rimangono impressi nella memoria con una nitidezza sorprendente, forse eccessiva. Mi torna sempre alla mente un episodio, o meglio un contesto di quando ero all' asilo. Dunque, c' era questa bambina bellissima. Capelli biondi, occhi celesti. Mi ricordo che si chiamava Valentina, mi piaceva tantissimo( come può piacere una bambina di 4 anni ad un suo coetaneo, insomma). Io le chiesi se voleva essere la mia fidanzatina, ma lei rifiutò. Mi disse che aveva già un fidanzato, era un bambino che vedevo spesso all' asilo, diciamo un " amichetto" , di cui non ricordo il nome, so solo che era uno di quei tipi che volevano comandare e facevano valere la loro anzianità( "c' ho tre mesi più di te, te magno in testa", et similia). Succedeva allora che, durante l' ora di ricreazione, giocavamo spesso nel giardino della scuola. Vi ricordate quel telefilm che impazzava una ventina d' anni fa, " Manimal"? La storia del tipo che si trasformava in qualunque animale volesse, insomma. Va beh, noi bambini mettevamo in scena i personaggi del telefilm, e a me toccava sempre fare il cattivo. Avevo il mio momento di gloria, perchè rapivo Valentina: ma non appena incominciavo a scappare, il suo " fidanzato", che impersonava il buono, mi riacciuffava ed io rimanevo con le pive nel sacco un' altra volta. Mi ricordo poi che quella bambina non venne più all' asilo: mia madre mi disse che si era trasferita con i genitori in un quartiere lontano lontano...
Che cosa ho voluto dire? C' è una morale? Boh, non so. Forse quel che emerge è che alcune sensazioni sono strettamente personali, e che probabilmente solo io al mondo ho questa percezione di due persone che probabilmente non si ricordano nemmeno che io esista. Forse la bambina non si chiamava nemmeno Valentina. Comunque la vogliate vedere, mi ricordo. E non è c' è vena nostalgica, o almeno non del tutto, in questa affermazione.

giovedì, novembre 02, 2006

Sans titre


...pensava che tra meno di un mese si sarebbe dovuto cercare un altro lavoro. Pensava a quello che gli avrebbero detto, che era bravo, ma che non c'erano soldi per tenerlo. Pensava a quante altre volte gliel'avevano già detto. Pensava che non aveva mai avuto un contratto per più di 5 mesi, quando ne aveva avuto uno. Pensava alle lettere di motivazioni inutili che aveva scritto, e quante ne avrebbe dovute ancora scrivere. Pensava che quella città tutto sommato gli piaceva, ma che ancora non poteva sapere se ci si sarebbe fermato un altro po'. Pensava alla prossima città in cui avrebbe voluto vivere. Pensava a quanti ragazzi italiani stanno nella sua situazione, e a quanti stanno peggio. Pensava che di questo nessun politico parlava mai, dei salari ridicoli, dei contratti fasulli, dello stage come nuova forma di sfruttamento mascherato da opportunità. Contratto a progetto, lavoro a progetto, brandelli di vita a progetto. Pensava che però qualcosa di positivo c'era. Pensava che è sempre bello partire, scoprire, essere viaggiatori. Pensava che ultimamente pensava sempre alle stesse cose. Pensava che con il sole di novembre anche quella città apparentemente così grigia diventava quasi bella. Pensava alla precarietà che dominava quel momento della sua vita. Precarietà del lavoro, dei sentimenti, degli affetti, dell'anima. Pensava a quella sana inquietudine che lo aveva sempre spinto un po' più in là, e che ormai era parte di lui. Pensava che forse si voleva fermare per un po'. Pensava che forse non aveva nessuna voglia di fermarsi.
L'aria era fresca, leggera. Pensava che aveva ancora tanta voglia di respirarla.

Il giorno dei Morti


"Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti, che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del "referendum".
Io so i nomi di coloro che, tra una Messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neo-fascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi italiani bruciavano), o a dei personaggio grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killer e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero."

Pier Paolo Pasolini
Bologna, 5 Marzo 1922- Roma, 2 Novembre 1975

mercoledì, novembre 01, 2006


Post n° 128

Ridere, ridere, ridere ancora.



" Mi viene da ridere. Anzi, sono veramente allegro, contento, spensierato. La mia è la gioia di un uomo che ha finalmente realizzato tutti i suoi sogni facendosi burle del senso dello Stato, della dignità degli altri, del comune senso del pudore e del ridicolo. Ho fatto tutto questo, e l' ho fatta franca. Ero amico di Craxi, ero tesserato nella P2 di Gelli, ero imprenditore senza portafogli ma con valigie di denaro che cadevano miracolosamente ai miei piedi, ero protettore di mafiosi. Sono diventato l' impunità pubblica numero uno, grazie all' acquiescenza dei poteri forti, degli alti Papaveri di partito, grazie alle immagini soporifere che vi propino da 30 anni. Sono divenuto padrone delle vostre coscienze e dei vostri portafogli, facendo tutto quello che voi piccoli dementi non vorreste mai fare: lavorando in prima persona per smantellare lo stato di diritto. Un' impresa che( e questa è la parte che mi più sganasciare) è andata liscia come l' olio, perchè questo paese ha la fortuna di avere una classe politica da sempre prostrata all' alta finanza, ai Padroni, tendenzialmente refrattaria ad ogni cambiamento, perchè la poltrona è sempre quello che conta di più. E voi, piccoli uomini, avete sempre pensato, nella vostra abissale ignoranza della Storia( che è anche la mia, per carità: ma io posso permettermi di ribaltare qualsiasi concetto, di rifuggire dalla logica, i miei soldi ragionano per me) che io fossi la fonte di tutti i mali, il vaso di pandora che ha liberato la cattiveria nel mondo. Voi e il vostro manicheismo del cazzo... Io sono un prodotto, come tuttti voi. Ma a differenza di voi, io vivrò per sempre. E voi continuerete ad avvelenare le vostre misere esistenze imprecando al mio indirizzo( o contro Prodi, che da me differisce ben poco: è solo per una questione di reddito..). Comunque vada, vi ringrazio: il mio sorriso si allarga sempre più, e la mia vecchiaia e al riparo da qualsiasi affanno. "

Silvio.

martedì, ottobre 31, 2006

Appuntamento per Halloween



Udite, udite!

quanti passassero per voler della sorte questa sera in piazza s. maria in trastevere, d' intorno alle hore dieci postmeridiane, avranno la ventura di incappare nello cenacolo del " LAB04". La gaia compagnia teatrale allieterà( si fa per lo dire) la vivace serata di Hallouenio con visualizzazioni in itinere, movimenti eterei... Una maschera neutra coprirà i loro volti già provati dalle Cure del Tempo..

Perciò, se aguzzerete l' occhio... Non passeranno certo inosservati!

Buona serata a tutti!

L'uomo a una dimensione

Era una stagione beffarda che portava a pomeridiani tramonti, a notti umide di lentezza, a parole pronunciate e obliate dalla memoria. Aveva dimenticato per l'ennesima volta un genetliaco. Lo aveva lasciato fermentare in una casella del calendario per poi recuperarlo quando ormai i festeggiamenti erano passati. Aveva cullato l'idea di un discorso. Parole naturali per poter raccontare di se stesso e per poter uscire da una stazione dove non c'erano più treni da perdere e sentimenti da nascondere. La stanchezza lo aveva convinto a non porsi più domande che sarebbero svanite comunque senza una risposta. Aveva deciso di ammorbidire il suo tempo rifugiandosi in complici compagnie, lasciando agli altri indecisioni e improbabili ammissioni.
E così, dopo allegro vagabondare e inutile riflettere, trovò sosta in collina non lontano dal suo personale rifugio. Fu nutrito a carne e vino, esplorò balsamici sapori e concluse fumando in un orgasmo di papille. Gli argomenti di discussione si accavallarono impedendo un corretto riflettere e allora ci si abbandonò alla satira e allo sberleffo, si cantò ma evitando il ballo. Poi si passò alla sfida, al duello antico che si perde nel mito di improbabili Bar. Ci fu uno schioccare di plastiche sfere, un bestemmiare continuo e regolare, un fumare nervoso. Arrivò a capire le capacità di ogni singolo e divenne protagonista del giuoco. Fu sfidato più volte e vinse senza mostrare emozione alcuna. Sorrise cauto alle battute del pubblico che agitava sigarette alterate con vegetali sostanze. Soffrì il gioco avversario e s'offrì per la ludica causa sfruttando l'antica tecnica da baretto considerata illegale in alcune contee dell'Italica penisola. Vinse ancora e arrivò al termine della serata consapevole dell'impresa, brindò e si accompagnò verso i suoi Lidi. Attraversò la nebbia di una pineta, si fermò ad un semaforo. La radio cantava una canzone commovente di pianoforte e fisarmonica. Parlava del tempo, di un programma futuro non avverato e di una speranza che racchiudeva tutte le speranze di un essere umano che degnamente cerca di sopravvivere tra le umane genti. Ripensò a quel discorso che avrebbe voluto fare, a quegli occhi da incontrare, alla paura di fare l'ennesima cazzata. Sorrise a quel tentativo di amarezza e la spinse lontano, almeno per una sera. Alzò lo sguardo verso il finestrino socchiuso. Un disegno di stelle lo baciò sulla bocca. Si sentì felice e cominciò a cantare.

lunedì, ottobre 30, 2006

Appunto

.." PANORAMA" è VERAMENTE un giornale di MERDA!!!!

Se non lo sapevate ancora.. sapevatelo.

domenica, ottobre 29, 2006

Sta arrivando..



E' un eroe solitario...

..In giro per il mondo, a risolvere problemi..

.. un uomo dal passato traumatico, in cerca di vendetta, accompagnato da un bambino..

.. prossimamente sui vostri blog..


Il suo nome è .. NICO BELò!!!

Someday, somehow



Guardare in alto, ogni tanto. Scoprire le linee di tangenza, anche se lontane dal tatto. Non sempre è facile capire, non sempre tutto si dispiega in chiari reticoli interconnessi. Quello che importa è comunque alzare gli occhi dalla punta delle scarpe. Non sempre, ogni tanto. E potrebbe venirci voglia di guardare al di sopra della Tangenziale. E di lì scrutare noi stessi mentre dabbasso rivolgiamo gli occhi al cielo.

Quante volte abbiamo incrociato il nostro sguardo?

venerdì, ottobre 27, 2006

Buonanotte


Mi sembra che il succo sia l'alea. Adesso non è per fare l'intellettuale, che poi lo so come va a finire, e allora sì, metto le mani avanti. Diciamo così, voglio solo scribacchiare un paio di cose, un paio di appunti.
Ma il succo è l'alea, mi sembra. Il nocciolo, più che il succo. Insomma, va a finire che tutto funziona per azzardo, e momentaneamente, ed estemporaneamente, in questo periodo. Parlo per me ma sono certo che qualcuno si riconoscerà in quello che sto per dire. L'alea; azzardo ed effimero, come certe connessioni internet a 56k (ma vi assicuro che esistono connessioni aleatorie anche nell'era della banda larga). Semaforo verde, semaforo rosso. Si passa, non si passa, e nessun intervallo prestabilito, nessuna possibilità di capire in anticipo quel che sta per accadere. Un sistema binario in cui non c'è alcun binario da seguire, nessun flusso, in fondo. Ahimé. L'umanità, la coscienza, ordisce per se stessa un sistema in cui nulla duri. Un sistema di imprevisti, quindi privo di ogni sistematicità.
L'eredità è abolita, come concetto. Così com'è abolito il concetto della fine. E ci arroghiamo la comprensione della fine del tempo, così come ci arroghiamo il tempo.
Però basta, senza tempo, nessuna scadenza.
Chi mi sa rispondere a questa domanda?: Quando si diventa grandi?

Ho letto una frase che suona un po' fascista però mi colpisce molto, ancora in Borges:
"Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà d'un solo momento: il momento in cui l'uomo sa per sempre chi è." [Biografia di Tadeo Isidoro Cruz, nell'Aleph]

Non vi arrabbiate, giuro che non sto lì a spararle grosse tanto per; sto riflettendo, con calma. Ciascuno ha il cervello che si merita.

lunedì, ottobre 23, 2006

6 dicembre 1956


A volte la storia passa anche da una piscina. A Melbourne quel giorno si giocava la semifinale di pallanuoto dei XVI giochi olimpici. Erano passate tre settimane dai drammatici eventi di Ungheria che sconvolsero quel paese e le coscienze dell'Europa e del mondo. 25.000 ungheresi uccisi, 7000 le vittime sovietiche, oltre 250.000 i profughi, danni materiali di portata straordinaria ed una semifinale olimpica destinata ad entrare nella storia. Quel giorno in acqua si affrontavano Ungheria ed URSS, il paese "ribelle" e il gigante comunista. Ci sono cose che alcuni popoli sanno fare alla perfezione e agli ungheresi è sempre riuscito particolarmente bene giocare a pallanuoto. Gli riuscì anche quel giorno. Vinsero 4 - 0 contro un URSS annichilita dallo spessore tecnico dei magiari, ma si è detto, quella non fu una partita come le altre perchè altri e dolorosi erano i sentimenti che quei giocatori si portarono in vasca. La pallanuoto è uno sport duro, molto fisico, dove si danno e si ricevono colpi, ma quella semifinale fu un tripudio della violenza. I giornalisti raccontarono che l'acqua della piscina si tinse di rosso a causa degli scontri tra i giocatori. Non era un'immagine figurata, andò così sul serio. Valentin Prokopov, sovietico, colpì con un pugno Ervin Zador nazionale ungherese rompendogli lo zigomo. La storia di quella partita e la foto di Zador fecero il giro del mondo. Fu l'ultimo atto di una tragedia da non dimenticare.
L'Ungheria ottenne il suo quarto titolo olimpico battendo in finale la RSF di Jugoslavia.

Io e mia sorella





L' internazionale e il provinciale.. ammazza, ahò!

sabato, ottobre 21, 2006

Delirio.

Venerdì pomeriggio, ore 19 circa. Io sono al computer e mio padre è seduto dietro di me, intento a cimentarsi nelle parole crociate. Siamo praticamente schiena a schiena.

MiPadre: " Senti questa definizione, 8 orizzontale: < Robert dei Led Zeppelin>

Io: " E' Plent, si scrive PLANT".

MiPadre: " Guarda che te sbaji".

Io: " No, papà, è così: PLANT!".

MiPadre:"No, non è così! Guarda che deve cominciare con la < P> !!"

Io: " é quello che ti sto dicendo!! P- L- A N- T!

MiPadre: " Mannaggia... Deve cominciare con la P!!!!! "

IO : " PPPPPPPLANTT!!!"

MiPadre: " Ah, scusa!! C' hai ragione, non avevo capito!"

Io: " E che avevi capito?"

MiPadre: " Boh!!"

I personaggi citati nel racconto NON sono di fantasia.

giovedì, ottobre 19, 2006



... auguri, Daniela!

Il sorriso è un dono, restituirlo ad altri è una cosa fantastica.

Buon compleanno, di cuore.

mercoledì, ottobre 18, 2006

Mercurio al galoppo

Era caduto vittima di una virale imboscata e ci era caduto di sabato notte. Anzi, all’alba di domenica. Stava cavalcando un sudato e giovane quadrupede, stringeva nella destra un Winchester e all’occorrenza faceva fuoco contro un nemico non meglio identificato. Non aveva divisa, non era il tipo da mostrine, era vestito casual con un bel cappello marrone calcato sulla testa e uno spolverino in tinta con gli stivali. Aveva dei compagni accanto a lui, facce cattive, esperti assassini. Sudisti sicuramente. Irregolari dell'esercito della Confederazione, visto il loro abbigliamento. Cavalcava appiattendosi sul dorso della bestia schiumante, cercando di non offrire porzioni di corpo a quel tripudio di sibilanti proiettili. A tratti alzava la testa e vedeva manichini cadere da cavallo travolti dagli zoccoli, oppure impigliarsi in una staffa e venire trascinati sulla polvere come quell’Ettore di Troia dopo la sconfitta infertagli da Achille piè veloce. Ma il Nostro, trascurando i riferimenti mitologici, tornava ad abbassare il capo e a sparare tentando un’improbabile precisione balistica.
- Le donne! – gridò qualcuno.
Il fiume di cavalieri cambiò improvvisamente direzione. Non si distinguevano più gli inseguitori e i fuggitivi, c’era solo un galoppo furioso e un sudare incessante. Ancora spari e grida disperate. Le donne in realtà erano quattro zitelle impaurite rimaste nascoste dietro ad un abbeveratoio. Gli irregolari si fermarono, le presero sulla sella e ripartirono sotto una pioggia di piombo mortale. Il Nostro ne fece salire una, non la guardò neppure in volto e crediamo non ne valesse la pena. Lanciò la bestia ormai stremata giù per una valle. Ma la sosta precedente fu fatale, il nemico li stava raggiungendo, tentava una carica disperata. Tutti spinsero i cavalli sempre più forte continuando a sparare. Non c’era più la forza nemmeno di bestemmiare, ormai era la fine. Il Nostro sentì la donna alle sue spalle scivolare giù dalla sella, si voltò di scatto, la afferrò con la sinistra, la strinse con il braccio sul fianco dell’animale. Le grida di lei, le munizioni ormai finite, il cavallo lanciato in una folle corsa. Poi, la bestia stremata inciampò lì dove la terra diventava più soffice. Per qualche istante sembrò bloccarsi in aria accompagnata da quelle due figure umane. Ci fu un silenzio, una sfumatura d’azzurro colpì i suoi occhi. Poi, il buio.

Si alzò dal letto tremando. Indossò velocemente una vestaglia. Guardò l’orologio: 6.35. Continuò a guardarlo fino alle 6.40, poi sfilò il termometro da sotto il braccio. 38 e mezzo.
- Ecco cos’erano tutti quei cavalli… -

sabato, ottobre 14, 2006

Tacho, tu sai pecchè..


..Brevemente, interrompiamo il normale corso di questo blog di pezzenti col vezzo della scrittura, per lanciare un messaggio: TANTI AUGURI, TACHO: BUON COMPLEANNO!. Ripeto : TANTI AUGURI, virgola, TACHO, virgola, BUON COMPLEANNO!
Tu sai perchè, tu sai com' è , tu sai dov' è..
L' interessato decritti il messaggio con l' aggeggio in dotazione. Mi raccomando, non è né un ordine, Nè un consiglio: è un dato di fatto. Per oggi lo autorizziamo a togliersi il cappuccio e a circolare nelle zone "AB- 04" e "FM 66. 600" . Può anche levarsi il casco ma deve indossare gli occhiali speciali a lenti bioculari.

.. Ora potete continuare con le vostre strunzate da scribacchini..