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martedì, ottobre 09, 2012

Banalità e ponderazione.

La perfezione del creato e la bellezza di ciò che ci cironda non sarebbe così palese senza la nostra capacità di uomini di stupirci e di espandere i nostri sensi al di là dei limiti angusti del nostro corpo. Eppure sono proprio i nostri limiti che prendono il sopravvento e distruggono questa concreta alchimia. Perché? So che è un pensiero banale, ma è un pò di tempo che mi frulla in testa.

venerdì, settembre 14, 2012

Ad meliores

Nun se semo inventati un cazzo, ma stamo a portà avanti qualcosa de grande. Fluido e naturale flusso di significanti confluiti in un periodo denso di significato all'interno dell'abitacolo di un automobile che transitava in direzione viale Marconi, mi sembra fosse una sera di inizio autunno. Sembra un secolo fa, sono passati sicuramente più di sei anni. Non voglio tirare le somme, ma tutto sommato ci credo ancora. Nonostante la nebbia e le tempeste; anche se a volte ho pensato fosse meglio essersi inventati qualcosa e magari portare avanti una creatura di piccole dimensioni. Tutto sommato, siamo ancora capaci di ridere e di sorridere di un mondo capovolto, e di proporre qualche soluzione che non ci renda schiavi del conformismo e di un'afasia emozionale sempre più dominante. Grazie sempre e comunque a quel grande gruppo di sognatori.

domenica, luglio 15, 2012

Cinema, rossore ed empatia.

Umbriafilmfestival. Ci sono arrivato quasi per caso, pur vivendo in zona non conoscevo questa manifestazione di carattere internazionale, che ha come cornice scenografica la suggestiva rocca medioevale di Montone, paesino che fu terra d'origine d'un condottiero del XV sec., tale Braccio Fortebraccio, che la mia mente associa più a memorie monicelliane che al valore cavalleresco dell'epoca. Insomma, arrivo a Montone per assistere ad una rassegna di corti cinematografici, uno dei quali ha avuto la sorte di vedermi come protagonista, scopro questo festival dedicato al cinema d'autore di tutta europa. Dopo la rassegna dei corti (dieci in tutto), uno più interessante dell'altro, veniamo condotti dall'organizzatrice dell'evento nella parte alta del paese,dove, presso un chiostro francescano, viene offerto un gradevole rinfresco a base di tipici prodotti umbri. Tutti sembravano a loro agio, italiani e stranieri, perlopiù inglesi. Il clima era davvero conviviale e scherzoso; discorro con alcuni colleghi del settore, tra una ricotta al tartufo e risotto (sempre al tartufo) innaffiato da un pastoso vino rosso, e mi dirigo verso la terrazza panoramica, dove tra le pietre calcaree arrossate dal tramonto il regista Terry Gilliam, seduto compostamente su una panchina chiacchierava amabilmente con alcuni ragazzi. Mi dirigo poi verso la piazza principale del paese, dove vengono proiettati alcuni corti per bambini, di una delicatezza e intelligenza davvero singolari; a seguire, assisto all'anteprima di un film danese ambientato nel '700 che, contro ogni mio radicato pregiudizio, si rivela entusiamente ed ipnotico tanto da farmi restare incollato alla sedia per circa due ore e mezzo. La proiezione termina, tutti si allontanano compostamente, in silenzio. L'indomani verrà proiettato il Coriolanus per la regia di Ralph Fiennes, che presenzierà alla serata e verrà omaggiato con la consegna simbolica delle chiavi della città. Non posso davvero perdermelo. Ritorno a Montone, la sera seguente. La proiezione comincerà alle ore ventuno, ma già alle venti è difficile trovare un posto a sedere. Io e mia madre siamo fortunati, ci tocca una rispettabilissima quinta fila. Arriva Fiennes, toni e abbigliamento dimesso e grande umiltà. Introduce il suo film con un discorso che si è preparato in italiano, e lo legge in maniera appassionata. Al termine del film risponde con pazienza alle domande, spiegando in un inglese fluidisso, che un'interprete davvero incompetente riassume in continuazione troncando parti essenziali e riarrangiandone altre. Ralph se ne accorge, ma abbozza un sorriso e va avanti, tra i lazzi di Terry Gilliam in fascia tricolore. La festa finisce, tutti vanno via, e nel mio cervello campeggia solo una domanda. Perché non c'era nemmeno uno, ma dico uno, dei cosiddetti "grandi attori" di casa nostra ad omaggiare due presenze immense come quelle di Fiennes e Gilliam? Quanta presunzione e supponenza ammantate di ipocrisia. Il provincialismo della nostra cultura è ben evidente soprattutto in occasioni del genere, dove due grandi artisti vengono accolti dal sindaco e da un carosello di paesani in comune. Il che non mi infastidisce affato, anzi: la loro gioia era evidente, il loro impegno per rendere il tutto gradevole e sincero enorme. Ma, di fatto, mancavano i "colleghi" italiani, che si sentono arrivati solo perché hanno fatto un film d'autore, e non sanno nemmeno dove sta di casa uno Shakespeare che sia profondo e vero. Ma tant'è. Ad ogni modo, sono state due belle giornate. Chissà quando ne ricapiterà almeno una così.

venerdì, luglio 13, 2012

12

Non credo alle coincidenze, ma il Caso sembra esser diventato un vecchio, affettuoso amico. Una ricorrenza assai spiacevole ha finito per coincidere con una scadenza importante, quasi un punto di svolta. Mi ritrovo a pensare quasi con serenità, a vagare verso mete infinite con il pilota automatico inserito, cercando di godermi il panorama e di non decifrare l'infinitamente grande celato nell'infinitamente piccolo. Cerco di consapevolizzare i microscopici riflessi di dio negli infiniti riflessi di un caleidoscopio terreno. Oggi ho sonno, e credo sarò felice, almeno per i prossimi dieci minuti. Grazie.

domenica, luglio 08, 2012

Luglio

Mese di cambiamenti. Orribili ma anche meravigiosi, oppure ancora incogniti. Gira quest'immensa giostra nella fiera e ancora non so se mi trovo in alto oppure sto di nuovo per toccare terra. Qualcosa sta cambiando, comunque, e ancora credo che sia un bene.

mercoledì, luglio 04, 2012

Ecce qqua.

Qui in Umbria, a Luglio, c'è un mare fantastico. Se chiudi gli occhi e respiri con vigore, l'alba fragrante di spuma bianca e rosso fuoco ti riempie i capelli, non ti serve nient'altro
. Stai per tornare a casa, e questo basta.

martedì, luglio 03, 2012

Credevo meglio. Troppo idealismo fa male al buonumore, oltre che alla digestione. Mi ritrovo perplesso nel tentativo di decifrare emozioni che cozzano come il costa concordia sugli scogli mentre il faro di Alessandria brilla poco lontano, immobile e vanitoso, fiero del suo essere sempre al massimo nonostante i rovesci del tempo e della fortuna. Il faro è a portata di mano, eppure non so se sia giusto puntare verso di lui oppure voltare verso la biblioteca, luogo della mente e delle speranze. Non so se questi due pilastri dialoghino ancora tra di loro, non so neanche se questo monologo sia soltanto un parto febbricitante dei miei neuroni bruciati oppure risponda ad una qualche esigenza pressante tra le tante del momento. Il momento è delicato, direbbe Ammaniti, ma è anche già passato. Ed è tempo di illuminare l'orizzonte col sole.

lunedì, luglio 02, 2012

Folate d'inferno e il buon Carogna che avanza, nottate in bianco e nero con pioggia a scrosci, un capolinea che si avvicina, e una nuova stazione coperta dai platani. Non vedo l'ora di rimboccarmi la sciarpa di lana sopra il naso e calcarmi lo zucchetto nero fino alla base del naso, per avanzare a mo' di ariete tra quadri svedesi intrecciati ma dai colori sfavillanti.

venerdì, giugno 29, 2012

Problema tecnico

Non riesco più a postare commenti sui blog altrui. Una volta scritti, scelgo un'identità e puff!, scompaiono come se non fossero mai esistiti... Qualcuno può darmi una mano? Grazie...

giovedì, giugno 28, 2012

Aima.

Voltò la testa lentamente, come se avesse udito un rumore altrimenti impercettibile. Gli occhi si chiudevano a fessura mentre cercava di mettere a fuoco la massa informe che armeggiava intorno al suo braccio destro. Con grazia, ma curva come se stesse riparando gli ingranaggi di un orologio antico. Piccola, incessante puntura di insetto nell'incavo del braccio. Una zanzara? Un tafano? Gli occhi erano sempre più socchiusi, le orecchie allertate ma ingombre di un incessante ronzio misto ad un sibilo. Era difficile concentrarsi, sempre più difficile perché una ignota, dolce marea lo stava trascinando verso il sogno. Un altro sogno, pensò, un altro sonno, una nuova notte da qualche parte senza meta alcuna. D'improvviso strabuzzò gli occhi. Fu come se qualcuno gli avesse collegato le palpebre al congegno di Galvani ed avesse acceso la corrente. La bocca si spalancò come quella di un bel mascherone da fontana, ma non c'era acqua. Il cavo orale, per la sorpresa, si era prosciugato all'istante. L'uomo che, ricurvo, si apprestava ad effettuare l'ennesimo prelievo di sangue sul suo braccio livido e stretto da un laccio emostatico di fortuna, era il suo relatore di tesi. Aveva accumulato accanto a sé una decina di piccole, eleganti provette colme di un liquido dal colore rosso mogano. Tutte contrassegnate da un'etichetta con il suo nome scritto frettolosamente a penna. Il professore, magro e serio, procedeva con perizia da infermiere professionale, senza versare nemmeno una goccia di sangue. Sembrava legermene infastidito, come se avesse avuto altri programmi che quella pratica estemporanea lo aveva costretto a posticipare. "Professore, cosa sta facendo?". Il tono avrebbe dovuto essere minaccioso nelle intenzioni, ma gli uscì una fiacca e biascicata frase da ubriaco. Aveva tanto sonno, come si può avere soltanto nei sogni. " Faccio quello che deve esser fatto, anche se non è compito mio", gli rispose frettolosamente il docente estraendo un'altra provetta dalla siringa e sostituendola immediatamente con una nuova. Deve essere un sogno, per forza, pensò il ragazzo, che ora avvertiva anche, impercettibilmente, la pressione delle corde sul suo torace. Era difficile respirare, legato come un insaccato di Norcia alla sedia, ma stava lentamente perdendo consapevolezza anche di questo. E' un sogno, ora chiuderò gli occhi- madonna che stanchezza- e precipiterò in un altro delirio dove magari Freddy Krueger e Gabriella Carlucci uccidono vecchietti a morsi, oppure sarò catapultato su di una spiaggia bellissima stracolma di bagnine di baywatach, o magari mi ritroverò di nuovo in quel vecchio cimit...........

martedì, giugno 26, 2012

Parole?

Comprare un bel libro, leggerlo e gustarsi ogni singola pagina. E' un consiglio affettuoso ma anche una regola di vita, una delle poche che vale la pena di seguire per capire la bellezza del mondo nascosta nelle pieghe di ciò che non sempre vediamo. Oggi ho seguito alla lettera questa importante dieta filosofica, sprofondandomi anima e corpo nei racconti di uno scrittore che amo. Invidio davvero senza livore alcuno coloro i quali riescono a trasmettermi vita attraverso le storie che riescono ad imbastire, anche con trame apparentemente banali, ma dotate dell'alchimia che rende ogni parola e ogni pensiero così reali da volerli assaporare oltre il limite angusto della pagina e del romanzo stesso. Un'alchimia che non è solo technè, ma soprattutto physis unita alla capacità di seguire il chairòs. Detto ciò, la soluzione è a pagina 46 per chi legge da fuori gli schemi,
Adoro i paradossi spazio-temporali, il periodo ipotetico dell'irrealtà, il condizionale, la sachertorte con la panna e i viaggi interstellari sul millennium Falcon. La realtà è quella che costruisci con i tuoi occhi, la tua mente, la tua fantasia, la capacità di vedere al di là del velo di Maya delle apparenze. Ad ogni modo, buongiorno a tutti.

lunedì, giugno 25, 2012

La nazionale ha vinto, e io me ne sbatto ampiamente i cosiddetti. Vorrei vincere un viaggio a capo Nord e surgelarmi corpo e pensieri per un pò, il caldo mi danneggia intimamente come uomo e come pensatore pazzo. Sto sperimentando le meraviglie della nuova linea di metropolitana romana, lacosiddetta B1; quella, per intenderci, dove i treni sono sempre in ritardo perché, sembra, il numero dei treni stessi non è stato incrementato nonostante le nuove stazioni. Che vuoi farci, almeno c'è l'aria condizionata. Sul freccia rossa.

sabato, giugno 23, 2012

Notturno joke

L'altro ieri notte, sul bus n13, tra olezzi vari e conversazioni in idiomi più o meno intellegibili, ho carpito brandelli di un monologo concitato davvero interessante. Dico monologo perché, nonostante fosse un dialogo tra due persone, l'interlocutore era una brutta copia degli interlocutori platonici. Insomma, c'era questo tizio che parlava con quest'altro tizio, probabilmente conosciuto poco prima, e cercava di far colpo con teorie particolari inerenti attualità e politica. L'idea più interessante era quella relativa ai mandanti di Beppe Grillo: secondo il tizio parlante, dietro al comico genovese c'è Adriano Celentano, come finanziatore occulto ed ideatore del movimento; il molleggiato, anni fa, avrebbe indetto una vera e propria tavola rotonda (i cui partecipanti restano ignoti) per pianificare, letteralmente a tavolino, un "piano di rinascita" per la nostra affranta democrazia. Insomma, dalla P2 alla loggia del Clan. Fantastico.

giovedì, giugno 21, 2012

Cosacosa?

Milano blocca l'iniziativa per la cittadinanza onoraria al Dalai Lama a causa delle pressioni di Pechino. Pisapia dice: " Lo riceverò in privato". In queste due righe di testo c'è un concentrato tale di arroganza, meschinità, prepotenza e vergogna da far riflettere seriamente sulla pochezza dell'essere umano. Possono le tracotanti pressioni di un gigante dell'economia mondiale vincere sulla dignità e sul sentimento di umanità e fratellanza universale? La risposta non è dentro di noi, per quanto sia comunque sbagliata. Cosa fare allora? Perché alla fine vince sempre chi ha più potere? Perché ci sentiamo sempre spronati ad eguagliare chi, dalla vetta, può prendersi il lusso di sputare negli occhi di chi è impotente? Schiere di filosofi hanno speso oceani d'inchiostro per cercare di sviscerare la natura umana e tentare di sbilanciarsi, spesso, verso la parte migliore che c'è in ognuno di noi. Vi giuro che io continuo a nutrire dei dubbi, sarà che all'ultima lezione di Marco Aurelio ero assente...

mercoledì, giugno 20, 2012

L'anima dei meglio.

Inutilmente cerco di farmene una ragione: i morti sono sempre numericamente superiori ai vivi. Se decidessero di armarsi e riprendersi la vita che gli è stata strappata, nessun dio potrebbe proteggerci dalla loro collera. Questi ragionamenti assurdi devastano i miei neuroni mentre rileggo per l'ennesima volta, febbricitante, la mia tesi, nella quale troneggiano quantitativamente le iscrizioni sepolcrali: nomi, cognomi, prenomi, anni di vita, qualche volta un piccolo epitaffio che sintetizza concretamente il dolore dei parenti, ma nulla di più. E nulla di meno. Mi fa paura immaginare che ho scorso le vite di almeno sessanta individui di vario genere, età e rango sociale, dei quali non conoscerò mai null'altro che la formula onomastica. Vite trascorse, esistenze anonime magari intrise di vitalità, di speranze, di sogni, di pensieri non troppo alieni dai nostri. Mi chiedo spesso se abbia un qualche senso recuperare esistenze passate, nell'incertezza di quelle presenti che si proiettano in un futuro nero di notte senza luna. Mi chiedo se qualcuno abbia mai pianto per costoro e se il loro ricordo sia sopravvissuto alla stagione successiva. Io credo di sì. Gli uomini soffrono, ma sono fatti per amare e per amarsi; se molti vengono giustamente o ingiustamente dimenticati, altrettanti, e forse di più, lasciarono e lasciano dei vuoti in virtù del loro essere davvero donne e uomini. Un nome scolpito nella pietra è soltanto un incoraggiamento al ricordo, perché la memoria vive negli uomini, come diceva il buon vecchio Boris. Tutto questo parlare di morti mi ha fatto venire una certa sete: scusate, vado ad azzannare qualcuno per strada.

Burning Rome

Cosa c'è di peggio del doversi sorbire la città eterna tramutata in una fornace perenne con tanto di cappa asfissiante di smog misto a calore solare, davvero non lo so. Treni metropolitani sprovvisti di aria condizionata, autobus traboccanti di odori acri e di sudori generosamente spalmati gli uni sugli altri, i gas di scarico delle automobili che ti sfrigolano nelle narici ed in gola.. Vi sfido a trovare un angolo verde quando ne avete bisogno. E' in momenti come questi che capisco quanto siano sterili certi campanilismi legati al presunto vantaggio di vivere nella città eterna. Se continua così, sarà eterna ancora per poco...

lunedì, giugno 18, 2012

Prospettive calde

Di nuovo ad un bivio. O forse sarebbe più indicato dire trivio o magari quadrivio, considerando il bagaglio che porto sulle spalle. Sembra che questa laurea, così a lungo posticipata e così grande motivo di confusione nel mio trascorso passato, stia per arrivare. E' come quando sei in procinto di fare l'amore per la prima volta e ti immagini sensazioni aliene, ineffabili, che poi devi necessariamente ridurre ad un più prosaico atterraggio. Pensavo che sentirmi quasi dottore mi avrebbe scatenato un senso di onnipotenza, e invece.. Mah, sono qui che smadonno dietro una tesi sulla quale ho buttato il sangue, ma che ho l'impressione marcirà tra la polvere nei prossimi decenni. Mi ritrovo pertanto a riflettere sulle mie scadenze future, e mi accorgo che ho tanta voglia di crescere, di muovermi finalmente con le mie gambe nel mondo da protagonista, eppure è come se fossi tenuto prigioniero dentro una stanza asettica dalle pareti bianche, magari arredata con gusto e qualche fiore fresco, ma che sembra più un sepolcro che una casa. E' questo, in fondo, il problema: non l'essere o il non essere, ma il dimorare, il sentirsi a casa, la possibilità di godere di uno stato mentale che aiuti ad affrontare le avversità della vita. Invece mi sento privato anche di questa possibilità da parte di un mondo vecchio e stantio fatto di livore e indifferenza. Partire, morire, tornare? Ora come ora, ho solo voglia di dormire...
Ho voglia di suonare un buon vecchio rock, metallo pesante con la bava alla bocca, adrenalina che mi percuote e mi scuote come una danza tribale, ho voglia di pubblico che urla e si fomenta, ho voglia di un buon vecchio boccale di birra prima e dopo la performance, ho voglia di sentirmi un gigante a 1000 watt. Scusate, ma ogni volta che tocco la mia buona, vecchia Fender Stratocaster è come se mi drogassi. Chi non ha mai avuto un amplesso con questa chitarra non potrà mai capire il grande Jimi e il maestoso Blackmore. Gli anni settanta sono passati, ma non invano.

domenica, giugno 17, 2012

Notturno fake

La notte, da qualche tempo a questa parte, si mostra ambigua nei miei riguardi. Come una donna che dice di amarti alla follia e ti intorpidisce i sensi, facendoti abbassare ogni tipo di difesa immunitaria del cuore e della mente, per poi gettarti nella disperazione con un repentino mutamento del suo affetto, così la notte costruisce la sua trappola per me: si fa desiderare, giungendo ammantata di stelle, carica di odori placidi e marcati, ricca di silenzi calorosi e di piccoli rumori come suoni d'orchestra. Ecco dunque che io chiudo gli occhi, la respiro, e quindi mi sdraio sul letto con gli occhi felicemente stanchi e la mente che inizia a galoppare verso praterie nebbiose, cercando di spalancare le porte del sonno che mi accoglie chiudendo poi ferocemente i battenti dietro si sé. Iniziando così incubi drammatici, così realistici da farmi svegliare carico d'angoscia e incapace di distinguere il sogno dalla realtà. Lei, la notte, rimane lì, in silenzio, ed io sento sulla pelle il suo sorriso beffardo, quasi fosse un'amante tradita che aspettava da secoli il momento giusto per vendicarsi. Il giorno arriva con il suo fardello di cose da sistemare e faticose maratone notturne senza meta, e mi presenta un conto salato, che provvedo a dilazionare con cambiali che probabilmente non salderò mai. Vorrei che facessimo la pace, amica notte, luogo dei pensieri assoluti e delle vite potenziali ed inespresse. So che a lungo ti ho bistrattata, scambiandoti per la vita diurna, ma credimi, sono stato costretto, non è un modo di dire per autoassolvermi. Vorrei che ritornassimo a dialogare come vecchi amici, senza l'astio di una coppia che non è capace di perdonarsi più nulla. Ti amo per quello che sei, e non per quello che ti costringiamo ad essere. Apri di nuovo i tuoi pori luminosi sui miei pensieri stanchi, ti assicuro che non aspettano altro. Io attendo assieme a loro, né padrone né schiavo, ma compagno di viaggio, protagonista pacifico di un'esistenza troppo spesso violenta.
Luna, che fai? Mah, a quest'ora di solito mangio. Per un apostrofo, tanti errori dal rosso vertono al blu, tante poesie diventano burle, tanti uomini continuano a vivere come se niente fosse. Per un apostrofo si confonde amore con la pesca, per un apostrofo Martin perse la spada. Per un apostrofo... ... E se facessimo diviso un apostrofo?

sabato, giugno 16, 2012

The Renovazzione (caldo cum molto aut cum moito).

Questo blog è pronto per la seconda decade degli anni duemila. Visto che lui è un timido e parla molto raramente, cerco di farmi suo umile portavoce... Beh, non sarà un quadro di Andy Wharol, ma in fin dei conti è bello dentro. Peccato per lui che io sia un essere disgustoso, ma si sa, nessuno può scegliersi i genitori e allora visto che siamo in ballo cerchiamo almeno di non romperci una gamba. Più veloce della TAV, più ardente di una supernova, più forte di mille uomini e centocinquanta rinoceronti, più astuto di una volpe, più sornione di un gatto... Ma sì, è proprio lui... Chi ha capito può scrivermi a questo indirizzo web. Non vince nulla, ma in compenso ha letto questo marinettismo d'accatto che de 'sti tempi non è poco...

venerdì, giugno 15, 2012

Buonanotte e buone note...

Un piccolo esperimento audio per accompagnarci fin sulle ali del sonno e tra le nubi del sogno... Buonanotte!

Muzicons.com

Dove vanno a dormire i neuroni.

Buongiorno. Biascicò questa parola senza entusiasmo nella fornace impastata della sua bocca. Il buongiorno si vede dal mattino? Un'affermazione oltremodo ottimista, quasi berlusconiana, pensò strofinandosi gli occhi, incollati alle palpebre da una coccoina naturale secreta durante il silenzio notturno. Il giorno può considerarsi buono dopo la terza azione completa e autoconclusiva compiuta dopo aver poggiato i piedi a terra, come in un metaforico allunaggio. E lui si sentiva ancora come Yuri Gagarin, sospeso nell'etere ma senza nessuna possibilità di toccare il suolo del satellite terrestre, con lo sguardo di chi ha visto il proprio mondo dall'alto e non vorrebbe più scendere. Queste considerazioni fluivano come treni in corsa e lo lasciarono lì come fosse stato una galleria dopo il rumoroso passaggio della locomotrice. Il tempo di attendere il prossimo intercity del pensiero e scenderò, sussurrò al cuscino di tenere piume d'oca, che per tutta risposta se ne rimase lì, informe come un tubero. Il boato lo stese al letto come una bambola di pezza...

giovedì, giugno 14, 2012

" Ti tengo d'occhio, bambino", disse il profeta strizzando l'occhio vigile e beffardo. Noi non potemmo far altro che annuire in silenzio, e constatare che non avevamo nulla da contrapporre a quella giullaresca verità. Così, mentre il Prof si allontanava fischiando come una sirena impazzita, rimanemmo in silenzio in attesa della prossima sigaretta, che ci avrebbe regalato un ulteriore attimo di fatale distrazione...

mercoledì, giugno 13, 2012

Quanta gente ama prendere ordini? E' una domanda che mi pongo spesso, e finisco sempre col mandarmi a fare in culo per aver dirottato i miei pensieri felici verso un interrogativo che sembra essere lì apposta per farti diventare grosso, verde e incazzato e quindi immemore della possibilità di goderti una serata tranquilla. Io non amo prendere ordini. Anzi, devo dire che ho sviluppato una forte idiosincrasia verso questa tendenza un pò scontata dell'essere umano. Chi prova a dominarmi provoca in me, non so come spiegarvi, un inspiegabile senso di repulsione e violenza. Insomma, sarò strano, ma proprio non capisco perché io debba far qualcosa soltanto perché mi è stato detto di fare così. Personalmente, mi piace riflettere. Forse a volte rifletto troppo, ma sicuramente verrà un giorno in cui per cause naturali non sarò più in grado di farlo, e allora credo che sia fondamentale che io parli sempre un pò con il mio cervello prima di prendere decisioni. Soprattutto quando non ritengo ragionevoli le richieste. A volte penso che siamo nati per complicarci la vita. Mi basta sedermi ad assaporare l'aria del tramonto di casa mia, osservando le pietre rosa del Subasio che risplendono sotto il sole morente, per comprendere quale grande fortuna abbiamo nel vivere da uomini potenzialmente liberi, potenzialmente grandi, concretamente fatti gli uni per gli altri. Mi basta un attimo per capire tutto questo e l'attimo successivo combatto contro la volontà di incazzarmi nel constatare che spesso nulla avviene non solo secondo natura, ma nemmeno in base al sentimento. Gli attimi che si conseguono da lì al tramonto successivo sono quelli decisivi, ma ancora solo per il momento.

Arrghhhh!

L'anarchico informale fu morso da uno spread radioattivo, e divenne più potente dei kamikaze di bin laden. Solo un uomo poteva fermarlo, il Loden formale, ma quel giorno era impegnato ad affogare migliaia di esodati sotto le acque del mar moscio. Morale della favola: la merda è merda, il cielo è blu, ma il lessico della stampa mi fa schifo sempre più.

martedì, giugno 12, 2012

In sur la sera di Giugno.

Nel paese della desolazione e della desertificazione umana, io scelgo di continuare a scegliere. Perciò spesso mi rinfranco con motteggi e cazzate a suon di musica. Mi spiace che non possiate ascoltarli, ma vi assicuro che Sprinsteen in confronto è un musico da parrocchia. A proposito di parrocchia, mi piacerebbe un sacco andarmi a confessare, l'ultima volta credo sia stato nell' 85 o giù di lì. Mi sono scordato dell'effetto che fa doversi vergognare e inorridire sotto il senso di colpa davanti ad un vecchio che puzza di vecchio che ti impartisce preghiere scelte a caso come ammenda.
Raccontare questa città? Cercò una risposta semplice ad una domanda complessa scrutando con occhio assorto l'interno del suo bicchiere colmo di vino rosso, realizzando con progressiva, amara consapevolezza, quanto fosse distante da quell'obiettivo. Avrebbe impiegato meno a contare i granelli di sabbia del litorale di capocotta. Curvo sul parapetto del ponte come un albero abbattuto, restava immobile a scrutare il flusso dell'acqua con il suo cumulo di storie che nessuno mai racconterà, con la sua schiuma, le alghe viscide, pesci di razze sconosciute, relitti di mobilia, rottami arrugginiti e cancerosi, urla soffocate nel buio gorgheggiante di millenarie correnti. Decise che era giunto il momento dell'ingresso di un nuovo partecipante alla parata infinita di quei testimoni silenziosi che mescolavano rassegnata pazienza a frettolose istanze di approdo. Mandò giù d'un colpo quell'ultimo sorso di fuoco rosso d'annata, per scagliare con forza, ma senza rabbia, il bicchiere nei flutti. Quando scomparve, lui già trotterellava verso luci e suoni sconosciuti, mentre assegnava sorridente al suo spartito un bel diesis in chiave...

Se la scrittura fosse un treno...

... Questo sarebbe fermo al binario morto da un pezzo. Storie come personaggi stanchi che ne avrebbero di cose da raccontare, ma che preferiscono riposarsi nel tepore del loro solitario bivacco. Forse non hanno voglia di cercare a tutti i costi qualcuno che li ascolti, ma attendono che quel qualcuno passi e, casualmente, avverta i loro discorsi, si avvicini e chieda:" mi scusi, davvero stava parlando di...?". Sicuramente risponderebbero:" no, credo che lei si sbagli, ma visto che è qui, le andrebbe di cantare con noi intorno al fuoco?" Così le parole fluirebbero, pian piano, in un crescendo di significato affidato alle note e alla modulazione della voce, e si scioglierebbero in una risata oppure in calde lacrime di complicità. Il racconto non è semplice, ma è comunicazione, e trova i suoi mezzi quando una storia è degna di essere raccontata e di essere tramandata. Le parole, i suoni, sono i nostri strumenti senza i quali significati e concetti si dissolverebbero nell'entropia. Cerchiamo quel binario morto, e facciamo ripartire la motrice: il binario deve elevarsi al cielo, prima di partire verso qualsiasi altra stazione finale di canalizzazione.