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sabato, luglio 29, 2006

Sparigi n° 0.1


(Quanto ci piace il paradosso)

Silvestri cantava Strade di Francia, ma Higuerra non si lasciò convincere. "Parigi a me non va bene". Vinsero gli Inti Illimani, toccavano corde profonde.
Il cantautore era l'intervallo, la pubblicità: rumoroso, vuoto, simpatico. Le voci di quei giganti canuti s'innalzavano dalla terra assolata del Cile sino ai picchi andini ammantati di neve. E' un altro spazio, più che un altro tempo.

Higuerra, ignaro della propria consapevolezza, portava a spasso una birra. La mano di tale Giacomo DF lo scova tra la folla e i due si scambiamo un rapido saluto inatteso, commosso. Poche ore prima Higuerra s'era sorpreso a pensare che più di tutto, della sua storia recente, gli mancava lui. A Higuerra piaceva il paradosso.

La topografia di Sparigi andava delineandosi meglio ogni giorno. Persino Tillmann l'aveva chiamato, per un comestaicomenonstai, a ribadire telefonicamente l'inesorabile distanza audio-video; un altro tempo, più che un altro spazio.

"Avrei incontrato la maga?", recita la prima riga di un libro di Cortazar dal titolo Il gioco del mondo.

Sì, perché pure Rodriguez chiedeva di essere un ricordo. A Rodriguez piaceva il paradosso.

Freddy Nasone disse una volta: "Higuerra era un nome da battaglia, di quelle che si perdono nella partenza". O qualcosa di molto simile.

Non che Higuerra fosse d'accordo. Ma di sicuro c'erano tutti i migliori presupposti per scrivere una canzone nuova.

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